Bibliografia Vichiana II

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PREDAR!

a straniare gli animi dallo studio della storia e delle lingue, mentre fu all’epoca della più luminosa sua gloria che principiarono a moltiplicarsi prodigiosamente in ogni parte d’ Europa le opere storiche e tutti quei lavori e tutte quelle indagini che hanno colla storia qualche attinenza» ; che. se si pone mente alle principali opere pubblicate, particolarmente in Francia, nei primi trentasei anni dell’ Ottocento, si vedrà « quanto ingegno, quanta immensa e svariata erudizione », accumulata nel secolo decimottavo, sia stata «isterilita miserabilmente dalla fatuità di voler metafisicare la storia » ; e così via. Quasi inutile poi soggiungere che a sostegno di codesti paradossi il Predari non sa allegare altro che elenchi di scrittori illustri e non illustri che nel secolo decimottavo avrebbero o plagiato o messo a profitto o, quanto meno, conosciuto e pregiato il Vico. Tra i quali conoscitori e pregiatori annovera non solo Cristiano Tomasio (1655-1728), Nicola Giindling (1671-1729) e Giovan Cristiano Wolff (1679-1764), i quali non conobbero di sicuro la Scienza nuova e i primi due forse non fecero nemmeno in tempo a leggere, se pure l’avrebbero letta, la stroncatura dell’opera vichiana inserita dal Mencken negli Acta eruditorum di Lipsia (v. sopra pp. 199-201), ma addirittura Ehrenfried Walter von Tschirnhausen (1651-1708), morto un anno prima della pubblicazione del De studiorum ratione ! Giova ricordare altresì le fiere polemiche che il Predari ebbe a sostenere a causa dell’anzidetta sua edizione delle Opere latine. Egli stesso (pp. 802 sgg.) rammenta il « tanto latrato », che, comparsi i primi fascicoli di quel volume disgraziato, fecero contro di lui « alcuni cerberi del giornalismo milanese », ossia due articolisti del Ricoglitore e del Figaro. Avverso gli si mostrò altresì Defendente Sacchi, così nella Gazzetta di Milano del 19 luglio 1835 come negli Annali di statistica del decembre 1835, ove tra l’altro scriveva (p. 245): « Il Predari in due suoi manifesti sul Vico aveva fatte sì larghe promesse, accennati tanti autori, che ci aveva posto in molta speranza potesse ei pure dare una buona edizione del filosofo napoletano; ma, usciti due fascicoli, purtroppo distrussero tutte quelle speranze ». anzi soggiungeva gli errori d’interpretazione, di soluzione di nessi latini che erano nel testo, di stampa, che il parlarne sarebbe increscioso per noi e parrebbe officio nemico ». Altra recensione non favorevole del padre Giuseppe Defendi si legge nel primo tomo delle sue Varie appendici estratte dalla « Gazzetta privilegiata di Milano » dell'anno 1835. Per Milano, infine, sempre al dire del Predari, sarebbe corsa, manoscritta e anonima, un’altra stroncatura feroce, la quale sarebbe stata scritta da Giuseppe Ferrari, sebbene poi, nell’essere, in un secondo momento, pubblicata nell’ Annotatore piemontese del 1836, recasse la sottoscrizione di un Felice Deimonte. Nel difendersi da codesto coro di accuse (e tutt’altro che bene), il Predari attaccò a sua volta l’edizione del Ferrari, il quale rispose con un opuscolo di 35 pagine in 8° dal titolo : « Degli errori e delle false accuse che trovansi nel I volume delle * Opere di Giambattista Vico ’ pubblicate dal signor Francesco Predari, Cenni della Società tipografica de’ Classici italiani » (Milano, 1836). 4. M. Parma. Collaboratore assiduo del periodico milanese Ricoglitore italiano e straniero e studioso non meno as-