Bitef

Damianievim kostimima klovnova, sa zastavama zemalja (dueli daleko od hitlerovske Nemačke) predstavljenih u Posto gvožđe? Reč je o farsi koju je Brecht napisao u Svedskoj 1939. godine, gde se primećuje Fürerova eskalacija u smislu trgovinskog osvajanja. Diktator je viden kao huligan koji najpre plaši trgovce, a zatira ih uklanja, dok se oni, naročite švedski prodavac gvožđa, da bi se obogatili, slepo trade da ga snabdevaju. U režiji Carla Battistonia, Paolo Rossi se, sa cirkuskom ljupkošču, nalazi u njemu znanoj ulozi Hitlera. Vratio se u najboljem sjaju, kao okrutna marioneta malog gangstera sa brčičima, u uniformi neodoljivog molerà ukrašenoj svastikama, krijuči jednu ruku koja mu beži u rimski pozdrav, sa sklonošču ka glasnom govoru, igrajuči se opsenarskih igara pištoljem spreman da se preruši u Altura Uia. Iz ove preteče premise sa zavijanjem sirena u mraku, Battistoni nas vodi u nemačko nasilje u najpoznatijoj sceni Terora i bede Trećeg Rajha: slika »jevrejske žene« koja se sprema u inostranstvo, kolebljivi telefonski pozivi prijateljima, rastanak sa mužem kojeg pokušava da spase, a pokazuje se da je on zabrinut samo za svoju karijeru. Ovim stidljivim i ganutijivim pojavljivanjem Giulia Lazzarini pokazuje kako je u stanju da prevazide patetične zaroke i da govori i tišinom. »Nemojte zaboraviti« kaže druga žena na kraju prethodnog tragičnog skeča. I upravo je to poruka gledaocu ovog pozorišta, koje u shodno vreme zna kako da pronade neposrednost u komunikaciji, kao i dijalektičko oružje za rukovođenje starim rečima u okviru opasnosti moderne stvarnosti. ■ La Repubblica, Franco Quadri

PAOLO ROSSI OTTIMO HITLER TRAPEZISTA DEL POTERE Dopo il recital di Milva ecco un altro dei dieci specttacoli che il Piccolo ha messo in cartellone per il Brecht Festival. Tre drammi didattici, eterogenei nello stile e dunque nell’allestimento, ma unitari nei contenuti: il primo, »L’eccezione e la regola«, riproposto come »documento« sul lavoro didattico di 8.8. fra il ’2B e il ’34 in una »copia conforme« realizzata dal fedele Gianfranco Mauri sulla regia di Strehler del ’62; il secondo, Quanto costa il fero?, in forma di apologo farsesco sul Grande Circo dello Storia, protagonisti uno straordinario Paolo Rossi nel ruolo di Hitler e un Mauri di felici invenzioni clownesche nella parte dell’industriale siderurgico Svendson she fa il Ponzio Filato davanti all ascesa del nazismo; e il terzo costruito con due scene e un monologo quello della moglie ebrea che abbandona, non trattenuta, il marito ariano per non esporlo

alle rappresaglie - tratti da Terrore e miseria del 111 Reich interprete sensibile e commovente Giulia Lazzarini diretta da Carlo Battistoni, che firma anche il secondo atto unico mostrando perizia e versatilità. Alla »prima« il pubblico ha reagito bene, trascinato dalla vis comica degli interpreti della »farsa da circo« interpretata da un Paolo Rossi che ha recitato da grande professionista, e soggiogato dalla figura di vittima del razzismo cesellata dalla Lazzarini, »voce umana« che telefona al marito per comunicargli la decisione di lasciare Berlino e cosi evitare di comprometterlo. La lezione she si può ricavare dal trittico brechtiano appena viduto è esemplare: se quel »teorema di Pitagora« sull ineluttabilità della lotta di classe ch’è »L’eccezione e la regola« si presenta come un reperto storico-ideologico, e se gli estratti da »Terrore e miseria« agiscono emotivamente, ancora, sulle memorie dell’ultìmo conflitto, anche se siamo sollecitati da piu recenti tragedie (altri razzismi, altri genocidi, altri olocausti che non hanno ancora un loro Brecht), la farsa grinçante sulla militarizzazione della Germania di Hitler ha lo stile, i toni e in definitiva la moralità di quel teatro dell’assurdo che rispeccia l’oggi e fa presa sui giovani. Paolo Rossi può stare, nella sua interpretazione di Hitler, alla pari con il Chaplin del »Dittatore«; vedere, per credere, come dipinge svastiche col pennello da imbianchino, come rovescia i ruoli da assassino a vittima, come baratta sigari con sbarre di ferro per fare armi e come plagia il docile Svendson, in un crescendo di ribalderie fino all’ascensione al potere su un trapezio da acrobata. Poi, finita la farsa, le raffiche della carneficina!, la bara della vittima delle SS consegnata alla vedova, il buio di una partenza con il lamento sommesso altissimo, della sposa ebrea. ■ Ugo Ronfani

IL GRANDE E GRAVE CIRCO DELLA STORIA L’eccezione e la regola, dramma didattico di Bertolt Brecht fu rappresentato al Piccolo Teatro nel maggio del 1962 in uno spettacolo che metteva in contatto il teatro epico con il »teatro realistico« quest’ultimo rappresentato da un atto unico di Arthur Miller dal titolo Ricordo di due lunedì. Due modi di fare teatro e due tecniche di recitazione venivano a costituirsi come due poli dialettici davanti al pubblico. Appariva chiaro che la metodologia usata nella messinscena dell’una e dell’altra opera, sia come »forma« che come »stile« di recitizione appariva molto diversa, ma ambedue gli spettacoli erano drammaticamente validi e accessibili al pubblico che ne decretò un grande successo.