Breve storia della provincia Veneta della Compagnia di Gesù, S. 269

Capo IX. Frutto delle fatiche dei Padri in Italia.

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nico contro ogni cosa santa. Fu già detto che anche tra i sacerdoti molti erano gl’ illusi, e non rari (mostruosa e orribil cosa) i dichiarati nemici della Santa Chiesa. Il rispetto umano, già prima assai grande in Italia (come altrove abbiamo veduto), allora cominciò a giganteggiare. È vero che spesse volte il mostrarsi apertamente cattolico era tale atto che aveva dell’eroico ; perchè, in quei tempi, il governo era in mano di coloro che, dopo aver sacrilegamente spogliato il Sommo Pontefice del suo dominio, non ristavano di fargli mille altre ingiurie, nè di muovere alla Santa Chiesa perniciosissima guerra ; e oltre di ciò, anzi in conseguenza di ciò, nella società trionfava impunita e superba I’ empietà e la dissolutezza, e già aveva cominciato a manifestarsi quasi universalmente uno stranissimo e lacrimevole pervertimento d'idee, onde dicevasi bene al male e male al bene. 2. Questo, quanto ai luoghi e alle persone, tra le quali la Compagnia doveva esercitare i suoi ministeri : quanto poi alla Compagnia in se stessa (parliamo della provincia veneta), quest’ età fu forse la più critica che abbia mai passato in Italia. Eravamo allora quasi privi di collegi, ridotti a gran povertà, o meglio, alla mendicità ; costretti a smettere I’ abito consueto della Compagnia e nascondere il carattere di Gesuiti, anzi quello ancora di religiosi ; sempre in pericolo, sempre in timore. Molti Padri e fratelli erano ridotti alla solitudine ; e anche le piccole stazioni, che un po’ alla volta si formarono, erano per Io più ben lontane (benché senza colpa d’ alcuno, ma solo a cagione delle circostanze infelici dei tempi, dei luoghi e delle abitazioni) da quella perfezione di regolarità che dovrebbero, e sogliono avere le nostre case. Oltre di questo, quasi dappertutto mancavamo di chiesa propria, e le congregazioni, campo fertilissimo ai nostri ministeri, erano state nelle passate vicende quasi tutte disfatte e spente. Scemato era il numero de’ nostri amici, e cresciuto a dismisura quello degli avversari e delle persone che, per pregiudizi contro a noi concepiti, ci avevano in abominazione. 3. Ora in questi anni medesimi il Signore non ci abbandonò, ma con amorosissima provvidenza ci soccorse, e per mezzo nostro versò le ricchezze della sua misericordia sopra innumerabili anime. E in primo luogo ci fe’ dono di gran numero d’ operai valorosi e di petto veramente aposto-