Genti d'arme della Repubblica di Venezia
ciò richiede massima velocità, cosa impossibile con uomini e cavalli gravati da tanto peso d’armi, espresse il parere di armare senza lancia. Al secondo quesito rispose esser bene che il cavallo abbia la testa armata di frontaletto forte e pure armate anche le spalle e i fianchi. Al terzo infine, che le armi di offesa dovevano esser (ine: pistolotto e spada o stocco a disposizione del soldato. Conchiudeva però rimettendosi al prudente giudizio del sellato, il quale se per il momento non accolse il parere del Martinengo, certo non tralasciò di occuparsi di materia che tanto interesso,va l’esercito in un’epoca in cui, per l’estendersi delle armi da fuoco, ogni cosa nello condizioni della guerra andava mutandosi e la tattica militare si trasformava di giorno in giorno. Se non che nel procedere alla riforma delle genti d’arme la repubblica trovava, un ostacolo negli stessi condottieri entusiasti delle loro bande e legati ai vecchi sistemi di guerreggiare. Appena infatti essi seppero delle modificazioni che il senato cercava d’introdurre in tali milizie, si radunarono in Verona e firmarono (27 maggio 1601) una delega a favore degli illustrissimi «signori marchese Cosare Pepoli, conte Paolo Scotto e conte Alovigi Porto affinchè potessero, uniti e separatamente, trattare innanzi i’ eccellentissimo provveditor generale di terraferma sopra la conservazione di queste compagnie d’uomini d’arme» ( T ).
(!) Vedasi il doc. n.° 34.
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