Genti d'arme della Repubblica di Venezia
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zione appare che sua eccellenza il savio, dopo una di siffatte rassegne, operò senz’ordine di precedenza e giustamente un gran cosar in molte bande, licenziando parecchi uomini d’arme ('). Preoccupato di ciò, il governo della repubblica richiese il parere del conte Francesco di Martinengo per un’eventuale riforma di tali milizie, proponendogli i seguenti quesiti : 1° «Se è bene lasciare la gente d’arme come si trova ovvero levarle le laucie et armarle a botta come si usa adesso in Francia e in Savoia ». 2° «Se si devono armare i cavalli nella testa per le archi bugiate o le spalle e i fianchi per la spada». 3° «Se l’uomo d’arme tanto con la lancia quanto con corazza dovrà aver spada o stocco o altra arma di offesa» ( 2 ). Or ecco in breve le risposte del Martinengo : Per il primo punto, considerato che l’uso delie lan-
(!) Su per giù del resto alla fine di questo secolo ciò avveniva anche per le altre milizie, come, ad esempio, nelle ordinanze. La compagnia del capitano Barboi che passò la rivista in Uovato (1582) non contava che (>(35 uomini sopra 758 fanti die doveva presentare : gli altri erano assenti per malattia o por disobbedienza. Buona la gente, ma poco disciplinata, nè il capitano curavasi che i soldati tenessero bene le armi. Questo dico il relatore perchè « ne ha trovato molto male alla via : i morioni tutti rugini, gli ar« cobagi molti senza bacchetta, senza raschiatoio ed alcuni senza « il coverchio al focone et assai senza fiaschini et lo fiasche senza «quel ferro che si attacca alla cintura... malissimo armati di pie«che... li corsaletti poi fuori di prescrizione». Vedasi nell’ arch. conti Giuseppe e Pirro di Porcia la relazione sulla rassegna fatta in Rovaio dal capo dello Sforza [Pallavicino] 1582. ( 2 ) Bonghi : Il castello di Cavcrnayo ed i Martinengo Golleoni. Pag. 260 e segg.