Il Molise dalle origini ai nostri giorni
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non era mai pervenuta. Ila migliorata i’odilizia dei nostri Comuni e con ferito un migliore “ comfort „ allo case urbane. Ha affermata, infine, o riconosciuta la necessità c l’importanza dell' istruzione elementare, un tempo argomento di derisione o di motteggio ; mentre oggi il più rozzo “ cafone „ è convinto che ehi sa leggere o scrivere “ ha quattro occhi invoce che duo Ma —si oppone —l’ emigrazione ha spopolato i nostri paesi. Alla stregua dol censimento del 1911, il fenomeno dello spopolamento non risulta generale, nè di tale entità da destare gravi apprensioni. Nel quinquennio 1906-1910 la nostra provincia, per ogni 100.000 abitanti, ha dato annualmente 3298 emigranti pei paesi transoceanici , vai quanto diro 11.510 emigranti all’anno ; senonchè la popolazione presento che col censimento del 1901 ascendeva a 366.571 abitanti col censimento del 1911 è di 348.963 : ridotta cioè di 17.608 abitanti, 11 che dimostra che, nel quinquennio predetto, so sono emigrati 11.510 individui all’anno, ne sono pure tornati ogni anno 7.988. La depopolazione si avverte, ed è anzi davvero impressionante, in pochi contri che non vogliamo prietà terriera per circostanze casuali o por avidità capitalistica è accentrata in poche ditte. Ivi il contadino, non mai assurto e disperando di assurgere alla categoria di proprietario d’un pezzetto di terra, stanco dall’ agrezza di dover dipendere dai pochi distributori di poderi che formano in qualche guisa la piccola oligarchia localo espatria con l’intera famiglia e il disegno prestabilito di non più tornare all’ ombra del campanile natio. Nei paesi dove, nonostante tale accentramento della proprietà, non si è determinata ancora una forte corrente emigratoria fra i contadini, due cause possono spiegare il ritardo: o la mentalità più attardata, o il salario che li appaga. Verrà tempo, però, in cui quella si evolverà per naturale svolgimento dì cose, e questo parrà inadeguato: e il fenomeno dell’emigrazione si determinerà come altrove nella sua direttiva ineluttabile e fatale. Il contadino che abbandona per sempre la patria, precludendosi ogni via al ritorno , costituisce una luminosa riprova doi benefici che la piccola proprietà arreca aH’oconouiia sociale, e del dovere che incomberebbe allo Stato di tutelarne l’esistenza, e renderla perpetua possibilmente col sistema dell’Homestead (457). Ed è altresi un mònito severo contro tutti i ricchi signori, che i capitali liquidi investono nell’acquisto di terre, o accentrandolo per vanitoso sentimento di dominio, o ricostituendo addirittura i latifondi condannati dalla storia e dalla sociologia. Essi non comprendono l’insània dell’atto : non comprendono che, cosi agendo, acuiscono la disuguaglianza sociale, e preparano un avvenire di lotta nella quale riporteranno la peggio essendo minoranza. La disuguaglianza delle ricchezze fu sempre la maggiore fra le cause determinanti dei rivolgimenti sociali; e quanto più acuta, tanto più efficiente ai fini della pluralità.