L'Italia e la questione del calendario al principio del XX secolo

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AL PRINCIPIO DEL XX SECOLO

rità ortodosse possano tollerare un sì grave equivoco o, piuttosto, una si palmare mistificazione che mentre implica, come giustamente rilevava il Metropolitano di Belgrado nella sua lettera qui sopra menzionata al Patriarca di Costantinopoli, un'aperta violazione delle regole pasquali attribuite al Concilio di Nicea e dichiarate tuttora in vigore, non può, eziandio, non nuocere alla considerazione della Chiesa ortodossa. Nè meno legittima sarà la sua sorpresa quando rifletta che questa Chiesa potrebbe, da un istante all’ altro, far cessare lo sciagurato dissidio nella celebrazione delle feste, senza neppur sembrare, innanzi alle sue popolazioni, fare il menomo atto di deferenza verso 1' Occidente o Roma. Basterebbe, infatti, che essa dia alla parola « equinozio » delle sue regole pasquali, che sono pure le nostre, il senso che questa ha in tutti i trattati di cosmografia, nonché in tutti gli Almanacchi popolari ; il senso suggerito dalla stessa etimologia della voce equinozio {equìnoctium cioè il senso del giorno in cui il numero delle ore diurne agguaglia quello delle notturne e che segna, nell’ emisfero in cui si compiè il gran dramma della Redenzione, il principio della primavera. Se la Chiesa ortodossa consentisse soltanto a questo, 1' unificazione della Pasqua si farebbe da sè, in virtù delle solo leggi del firmamento. Ciò tornerebbe lo stesso che fissare la Pasqua con calcoli astronomici come, dopo il 1700 e per circa mezzo secolo, si riserbarono di fare i Protestanti di Germania; ma siccome, in via di fatto, i calcoli astronomici non faranno che confermare tutt/ al più con qualche eventuale e rara eccezione, occorrendo la quale si vedrebbe il da farsi (*) la data della Cristianità occidentale, ne segue che I'unificazione delle feste cristiane sarebbe dovuta alla sola scienza; circostanza di sommo rilievo in una questione che rasenta le più delicate suscettibilità. Finalmente, per ciò che spetta in modo speciale al mondo greco, una tale soluzione non sarebbe che la realizzazione di una proposta di origine greca, dovuta ad un distinto professore di matematiche alla gran scuola del Fanar. Nel 1880, il compianto A. Spathari, pubblicava e dedicava al Patriarca di Costantinopoli Gioachimo 111, quel medesimo che, dal 1001 in poi, occupa, per la seconda volta, la medesima sede patriarcale, un accuratissimo studio sul canone pasquale, (MOir-r, -irA voo redatto in uno spirito eminentemente cristiano e che, salvo una necessaria riserva sulla confusione, comune in Oriente,

(•) Questa eventuale e rara eccezione, di cui credei superfluo occuparmi, potrebbe ve lire dall’uso, nella Cristianità occidentale, del ciclo gregoriano.