Bibliografia Vichiana I

94

COMMEMORAZIONI, ALLOCUZIONI, ELOGI

biensis ducis, ctc. Oratio a lohanne Baptista a Vico, cive neapolitauo, habita Neapoli in sexto kaiendas maij MDCXCVII »; la terza, in italiano, dall’allora canonico, poi vescovo di Avellino, Emmanuele Cicatelli (?-1703). Per altro, e quantunque nell’intitolazione della sua il Nostro adoperi, come s’è visto, il participio « habita », nessuna delle tre venne recitata, o, meglio, fu pronunciata soltanto quella del Cicatelli, ma non nella chiesa del Carmine e non il 26 aprile, bensì nel Duomo e il 26 maggio. Per contrario, dal pulpito del Carmine si ascoltò un’orazione spaglinola detta dal padre Benedetto Noriega, confessore del Medinaceii, indi vescovo di Acerra e morto in Napoli nel marzo 1708. Tutte quattro poi, e quella del Vico alle pagine 97-118, vennero, insieme con molti altri componimenti, inserite nella prima parte d’un grosso volume in folio, che. promosso e curato da! mentovato abate Federico Pappacoda e pubblicato, malgrado la data di stampa, intorno al luglio 1699, reca il titolo : « Pompe funerali celebrate in Napoli per Veccellentissima signora donna Caterina d’Aragona e Sandovale duchessa di Segorbia, Cordona, etc., con l’aggiunta di altri componimenti intorno al medesimo soggetto. Dedicate all’ eccellentissimo figlio don Luigi della Cerda etc. viceré e capitan generale nel Regno di Napoli (in Napoli, nella stamperia di Giuseppe Roselli, M.DC.XCVIL, con licenza de’ superiori) ». Per passare ora al panegirico di Filippo V, il Vico stesso informa (Opp., V, 56, 89, 92) che l’ordine di scriverlo, stamparlo e offrirlo, in nome dell’ Università degli Studi, a quei sovrano gli fu dato dal viceré Villena, pel tramite del reggente del Collaterale Serafino Biscardi (1643-1711), appena otto giorni prima della partenza del giovane re da Napoli, ossia il 25 maggio 1702. Che, pertanto, fu costretto a comporlo « in un sol giorno sulle stampe », ossia, pare, passando le cartelle al tipografo di mano in mano che le riempiva. E che di così precipite fatica egli presentò personalmente una copia a penna a Filippo e non si sa quanti esemplari a stampa « alla corte », vale a dire non solo al viceré, alla sua casa civile e militare, ai reggenti del Collaterale e via, ma altresì agl’innumeri cortigiani alti e bassi che il monarca aveva condotti con sé da Madrid. Naturale, dopo tanto spreco, che l’opuscolo si rarefacesse al punto che un innominato, desiderando di serbarlo in una miscellanea relativa agli avvenimenti na-