Bibliografia Vichiana I

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ALTRA MANCATA EDIZIONE DEGLI « OPERA OMNIA »

molta reputazione, Francesco Daniele da San Clemente presso Caserta (1740-1812). Certo è che, sin da quando seguiva i corsi di umanità, « lohannis Baptistae Vici orationes aliquot racconta egli medesimo conquisiveram », riuscendo a raccoglierne le due giovanili pel ritorno del Santostefano in Ispagna (v. sopra pp. 92-93) e pei funerali di Caterina d’Aragona (pp. 93-94), il Panegyricus di Filippo V (pp. 94-95), il De studiorum ratione (pp. 12-14), il De mente heroica (pp. 88-89), più la senile orazione per le nozze di Carlo di Borbone (pp. 95-96) : « et ab eo tempore earum editionem adornare coepi, quae, iamdiu dilata», finì pure con l’essere pubblicata in Napoli nel 1766, presso Giuseppe Raimondi, in un volumetto in ottavo di 184 pagine, più otto innumerate in principio, dal titolo : « Job. Baptistae Vici, in Regia neapolitana Academia professoris, Latinae orationes, nunc primum collectae ». Pare che, oltre questi piccoli scritti latini, il Daniele volesse raccogliere anche quelli italiani. Per lo meno nel 1804 ne ricercava e ritrovava qualcuno a Roma per mezzo del cardinale e archeologo Stefano Borgia (1731-1804) e di monsignor Domenico Coppola, vescovo titolare di Miro (1752-1807). Ma, svogliatosi sempre più dell’impresa, via via che s’accentuava in lui il decadimento mentale che lo travagliò negli ultimi anni suoi, finì con l’addossarla a colui che, durante questi, era divenuto suo meno vecchio e più attivo collaboratore, ossia al marchese di Vilìarosa.

IV un’altra MANCATA EDIZIONE DEGLI « OPERA OMNIA »

Prima, per altro, che il Vilìarosa si desse loto corde a codesta fatica, e, più precisamente, durante la breve esistenza della repubblica napoletana del Novantanove, due giovani studiosi vagheggiavano una compiuta edizione degli scritti vichiani. L’uno era Vincenzo Cuoco : l’altro, sebbene dal Cuoco medesimo, che ci ha trasmesso la notizia, venga designato genericamente come «un amico », si può essere quasi sicuri fosse Nicola Quagliarelli, del quale tuttavia non si può dire altro se non che, dal 1799 al 1806 compagno d’esilio dello scrittore molisano, che gli dedicò nel 1801 il Saggio storico e fece di lui uno degl’interlocutori d’un dialogo sulla musica, era nel