Bibliografia Vichiana I

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LUBRANO - VALLETTA - MAGLIA BECHI - CARAVITA - DORIA

e gentile, che, in età grave d’anni ed in somma reputazione salito di grande orator sacro, ad un giovanetto che non aveva inanzi veduto non ebbe ritegno di recitare vicendevolmente un suo idillio fatto sopra lo stesso soggetto », ossia quello che, col titolo Rosa caduca, il medesimo Lubrano pubblicherà nel 1690 tra le sue Scintille poetiche sacre e morali. Cfr. Vico, Opp., V, 8-9. 3. G. Valletta, A. Magliabechi, N. Caravita, P. M. Doria e altri. Sembra che quel suo poetare valesse al Nostro anche la stima benevolente del ricco bibliofilo, studioso e mecenate Giuseppe Vailetta (1636-1714). Certo è che quest’ultimo, oltreché, pare, farlo aggregare nel 1692 all’accademia privata degli Uniti, lo incoraggiò, al dire del Vico medesimo, e fornendogliene probabilmente anche i mezzi pecuniari, a porre a stampa nel 1693 gli Affetti di un disperato e la canzone in morte di Antonio Carafa (v. sopra pp. 103-104): dei quali componimenti il primo fruttò all’autore quello che i letterati napoletani del tempo consideravano premio quanto mai alto, ossia una letterina d’encomio di Antonio Magliabechi (16331714), oggi dispersa. D’altra parte, tanto quelle due canzoni quanto le altre pubblicate nel corso del 1694 in onore di Massimiliano Emmanuele di Baviera (v. sopra p. 104) aprirono al Nostro, quando da Vatolla tornò definitivamente in Napoli (1695), il salotto letterario di Niccolò Caravita (16471717) : il che negli ambienti puristici partenopei del tempo (giacché a Napoli il purismo o, come lo si chiamava allora, « petrarchismo » o « capuismo » era cominciato, con Lionardo di Capua, sin dalia seconda metà del Seicento), era come ricevere il crisma di buon letterato. A ogni modo, V oratio per la partenza del Santostefano (marzo 1696), scritta per incarico del Caravita (v. sopra pp. 92-93) ; e ancora più 1’ altra pei funerali di Caterina d’Aragona (aprile 1697), composta a sua volta per commissione dell’amico indivisibile del Caravita abate Federico Pappacoda (v. sopra pp. 93-94), non tardarono a procacciare al Nostro nell’intera Napoli una meritata fama anche e soprattutto di latinista. Pertanto il Caravita e il Pappacoda da un lato e, dall’altro, premendo sul suo onnipotente zio Restain» Cantelmo duca di Popoli, 1’ allora duchessa di Bruzzano, poi principessa della Roccella, Ippolita CantelmoStuart, che, tanto giovane e bella quanto colta e generosa.