Bibliografia Vichiana I

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AUTOBIOGRAFIA

autobiografia, il Nostro prendesse a modello il Discours cartesiano. Comunque, gli studiosi napoletani a cui, sin dal 1724, il Porcìa, per mezzo di amici comuni, fece recapitare il suo invito, furono otto : cinque di cui le fonti non indicano i nomi, più ancora Paolo Maria Doria, Nicola Cirillo e, primo fra tutti, il Vico, che, a principio del 1725, fu sollecitato al riguardo dal suo amico napoletano abate Lorenzo Ciccarelli, venuto allora in qualche fama per la sua edizione (1724) dell’inedito Commento a Dante del Boccaccio, e al quale il Porcìa aveva fatto scrivere da Roma dal mentovato Giuseppe Luigi Esperti (v. sopra pp. 38-39), che, per tal modo, entrò in relazione col Nostro. Sulle prime il Vico si schermì : poi, credendo che la sua Vita uscisse con quelle degli altri sette (nessuno dei quali, salvo forse il Cirillo, s’accinse mai al lavoro), cedé ; e, lavoratore anche questa volta rapidissimo, aveva terminato questa nuova fatica già prima del 23 giugno 1725, giorno in cui inviò a Venezia il primo pezzo dell’ora disperso manoscritto, ossia sino a tutto il racconto della disavventura universitaria del 1723 (Opp., V, 3-48. e cfr. pp. 62-63, 184-85, 187). La sollecitudine, per altro, fu sprecata, avendo la stampa subito ritardi, così perché ancora a mezzo il 1728 nessuna Vita, salvo quella del Nostro, era giunta al Porcìa, come soprattutto perché non prima della fine del 1727 quest’ultimo, aiutato dal Lodoli, aveva trovato nell’ incipienda Raccolta di opuscoli scientifici e filologici del padre Angelo Calogeri la sede adatta per quella collezione di biografie, e nel tipografo veneziano Cristofaro Zane 1’ uomo disposto ad assumersi le spese di stampa. Di che non mancò d’informare il Vico (14 decembre 1727), chiedendogli facoltà di pubblicare la Vita di lui da sola e quasi modello alle altre, e pregandolo d’inviargli, per mezzo del residente Giovanni Zuccate (v. sopra p. 45), eventuali giunte e correzioni al pezzo già mandato (Vico, Opp., V, 65, nota 1). Pur tanto desideroso di fama, nulla il Nostro temeva tanto quanto le non sempre innocenti beffe dei suoi amorosi concittadini, alle quali avrebbe potuto dare nuovamente la stura quel non modesto atteggiamento di autobiografo modello che il Porcìa gl’imponeva (e, in effetti, come si vedrà meglio nella seconda parte, sezione prima, capitolo secondo, numero 9, il primo giudizio dato sull’ Autobiografia da un napoletano, ossia