Dall Adriatico al Ponto ammaestramenti storici
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della flora e della fauna, basta volgere uno sguardo sopra una carta geografica per capire 1’ importanza assoluta che essa ha nel bacino del Mediterraneo. La penisola balcanica costituì sempre il ponte naturale delle emigrazioni fra F Oriente e 1’ Occidente, fra 1’ Oriente e i paesi del Mediterraneo e 1’ Europa, e per questa stessa ragione essa dovrebbe essere anche oggi per Roma il veicolo naturale dei commerci fra la nostra penisola e 1’ 0riente. I romani coltivavano la geografìa meglio di noi. Essi sapevano molte cose che noi forse non conosciamo come loro, se, almeno, non fingiamo di ignorare. Essi, che avevan sempre pratico programma di azione, sapevano molto bene che la base fluviale del gran trapezio balcanico, additando il cammino verso il N. E., avrebbe schiuso a Roma il resto del mondo allora conosciuto. La grande e precìsa intuizione delle loro aspirazioni li indusse quindi ad assicurarsi subito l’egemonia della penisola. Mentre Roma col suo spirito di conservazione e di assimilazione cercava ogni mezzo per romanizzare le genti nuove, tuttavia non esagerò mai le circostanze per effettuare questo suo concetto, e là dove suppose di dover perdere tempo e forza e prestigio senza avere tornaconto, lasciò che le cose volgessero al loro destino. Cosi, mentre ebbe visione esatta dell’ importanza della conquista del Danubio e dei mari balcanici che le aprivano la via verso l’Asia e l’Africa e ne allontanavano sempre più le frontiere verso il N. e verso 1’ E. assicurandosi mirabilmente il dominio in casa propria, nel proprio mare, Roma comprese pure che l’assimilazione generale dei vari e guerrieri popoli della penisola le avrebbe costato enormi difficoltà. In questo concetto si tenne conto della conformazione oro-idrografica della penisola, cominciando della Liburnia e dalla Dalmazia, donde si sarebbero bensì potuti valicare con molti stenti i sistemi di montagne assai complessi, confusi e quasi privi di comunicazione che corrugano il paese per scendere al di là del Sirmio e delia Mesia, in quella pianura danubiano-carpatica che doveva essere meta costante e fortunata delie legioni romane. Ma non era il caso di esagerare, Roma marciava alla conquista lasciando dietro le legioni, strade e colonie. Le strade intersecavano anche i paesi più incapiti e le colonie sorgevano dove per fine strategico e commerciale, o per sfruttamento agrìcolo del suolo il bisogno si presentava maggiore e più utile sarebbe riuscita l’azione coloniale. Cosi si costruì la diffusa e vasta rete stradale balcanica che segui, si può dire, ogni più piccolo torrente e superò tutti i valichi. Qual meraviglia se, oltre alla Pannonia, al Sirmio e alla Mesia, i romani riuscirono ad arrivare ai piedi dei Carpazi quasi senza toccare le popolazioni barbare fra le quali passavano? Il solo nome dell’Urbe era una suggestione. Tutta quella regione progredì rapidamente sotto i nuovi conquistatori, e da una popolazione rozza e barbara, quanto sleale e scaltra qual’ era quella che l'abitava, sorse una nuova gente che mantenne i caratteri etnici proprii, ma diventò sotto tutti gli aspetti civile, ed ebbe a sua disposizione strade o fortezze e colonie e municipi. Nell’estremo N. E., i Carpazi segnavano nei loro versanti i confini del-