L'Italia e la questione del calendario al principio del XX secolo

7

AL PRINCIPIO DEL XX SECOLO

del 5, il 15 ottobre, e così le quattro stagioni si trovarono ad un tratto ricollocate al posto che avevano, nel Calendario, all' epoca del Concilio di Xicea. Ma se era facile il ricollocare in questo modo le stagioni al posto che vi occupavano nel quarto secolo, non era egualmente facile trovar modo di mantenervele costantemente. Dopo matura discussione, ecco in qual maniera si provvide a questa difficoltà. La durata media de IL anno fornita dalle così dette Tavole alfonsine a cui avevano collaborato astronomi cristiani, arabi e israeliti, era di 365% s°, 49 lu , 6 S ciò che rappresentava, nel Calendario giuliano, V eccesso di un giorno ogni 134 anni, cioè, salvo una lievissima frazione, di tre giorni in 400 anni. Per turbare dunque il meno possibile la cronologia, si prescrisse che tutti gli anni secolari , il cui numero del secolo non è divisibile per quattro, sarebbero comuni, cioè di 365 giorni, e che soltanto quelli il cui numero indicante il secolo è divisibile per 4 sarebbero Dissesti li. Venendo all’applicazione : l'anno 1600 fu Dissestile perchè il 16 6 divisibile per 4 ; gli anni 1700, 1800 e 1900 furono communi perchè 17, 18 e 19 non sono divisìbili per 4 ; l'anno 2000 sarebbe, altro non occorrendo, Dissestile, perchè 20 è divisibile per 4. e sì via via. Grazie a questa ingegnosa combinazione, le stagioni sono mantenute al loro posto, con un turbamento assai poco sensibile della cronologia, per la durata di almeno 3500 anni. (L

l‘i La sub lillà deile stagioni col minor possibile turbamento nella cronologia, tale é il problema eh’ ebbe a sciogliere la scienza internazionale alla finn del XVI secolo uè si dirà che la soluzione sia stata infelice, fi a questo punto di vista, e tenendo conto del pensiero cristiano d' allora , che s' ha da giudicare la riforma gregoriana. Dico questo, perché la preferenza data alla stabilità delle stagioni sulla successione regolare e mai interrotta dei bissestili era, per cosi dire, imposta dalla preoccupazione del computo ecclesiastico. Ora sia lecito a chi procurò ben addentrarsi con imparzialità nell' ingrata questione, l’osservare che le disposizioni più larghe, più liberali e, starei quasi perdile, saviamente radicali, si manifestarono a Roma; mentre diffìcilmente si troverebbero, sotto la penna di scrittori cattolici, più infocate e paurose apologie delle regole attribuite al Concilio di Klcea, che sotto la penna dì autori protestanti negli ultimi anni del XVI secolo e durante tutto il seguente. Non parlo, poi, degli Ortodossi. Questo pel passato; ciò che convenga fare in avvenire è altra questione. Sono lieto, frattanto, che mi si offra l’occasione di segnalare al pubblico uno studio che panni fare onore alla nostra patria cioè ; « La questione del Calendario nel quinto Concilio Lateranese (1512-1517) per Demetrio Mazzi. Firenze, Caraesecchi ISÙ6. Pubblicazione del R. Istituto, di studi superiori, pratici e di perfezionamento, Se le mie felicitazioni valessero qualcosa, vorrei offrirle al R. Istituto, perché quello studio ha, e potrebbe avere ancora più fra poco, un interesse veramente pratico.