La critica e l'arte di Leonardo da Vinci
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L'ARTE DI LEONARDO 181
suggerimento più che di attuazione, che è proprio alla linea. In ogni modo, fu il sistema preferito al suo tempo. Soltanto, per quel senso profondo della natura contemplativa dell’arte che forma la gloria maggiore dell’arte fiorentina del Quattrocento, e che, in rapporto al movimento, era già stata espressamente richiesta dall’ Alberti, i Fiorentini si accorsero che anche il movimento del Pollaiuolo era eccessivo, troppo attivo e troppo poco contemplativo. Era necessario il genio di Sandro Botticelli perchè la linea del Pollaiuolo perdesse ogni sua crudezza, e assumesse un valore perfetto di ritmo carezzante le immagini plastiche, attuasse da sola i voli di una fantasia creatrice sempre rinnovantesi. E Andrea Verrocchio, il maestro di Leonardo, frenò anch'egli la linea del Pollaiuolo, e ne trasse un ritmo proprio, più limitato, meno fantastico di quello del Botticelli, più equilibrato perchè più vicino alla realtà.
Anche Michelangelo considerò il movimento come qualità centrale dell’arte: tutto pervaso di furor plastico, estese ai piani rilevati le proprietà che il Pollaiuolo e gli altri avevano assegnate alla linea, e nella contrapposizione delle masse plastiche concretò il suo gigantesco movimento, soddisfacendo così all’aspirazione costante dell’arte della sua città. Nessuno pensò a Firenze che il colore fosse il veicolo più adatto al movimento : se ne accorsero più tardi i Veneziani.
Prima di Michelangelo, Leonardo si trovò davanti al problema di attuare il moto in arte. Dagli scritti di lui risulta la sua passione per il moto : non solo all'arte esso s'impone, ma anche alla ragione che voglia spiegare il mondo. « Il moto è causa d'ogni vita ». Egli aveva avanti a sè le soluzioni lineari del Pollaiuolo, del Verrocchio, del Botticelli. E non se ne contentò. Nè la sua avversione alla massa solida della forma chiaroscurata gli permise di anticipare la soluzione che poi Michelangelo diede. Estese anch’egli il moto dalla linea alla