La critica e l'arte di Leonardo da Vinci
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L'ARTE DI LEONARDO 191
i quali non erano abituati alla finitura di subordinazione, alla finitura sintetica di Leonardo. Mantengono dunque, le opere finite, il carattere di visione lontana palesato nell’abbozzo ; soltanto, esse hanno il pregio di dimostrare la vibrazione spirituale dell'artista nell’imsieme come nell’ultimo particolare, con un progredire d'attività che si raffima, si schiara, e compone il primitivo furore nell’estasi.
Ecco perchè nella « Vergine delle rocce » si ha l’effetto di tremolio luminoso, che tutto alleggerisce e tutto spiritualizza, anche se le immagini non s’atteggiano a movimenti decisi. Il moto, che nell’ « Adorazione dei Magi » era stato suggerito all'artista dall’intento drammatico, e ch'era stato attuato nel fervor dell’abbozzo, si rallenta, senza perdersi, nella « Vergine delle rocce », diviene qualità pura di luci, di sogni, di affetti, vibrazioni dell’anima di uomini e cose.
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C'è una copia libera della « Vergine delle rocce » (1) che riduce a mezze figure le immagini, ponendole dietro un parapetto: è un'ingenwità razionale con cui il copista ha voluto giustificare la veduta lontana di esse. Un pretesto simile è stato imposto dal soggetto a Leonardo quando egli ha dipinto la « Cena» nel refettorio del Convento di S. Maria delle Grazie a Milano (Fig. 18): la tavola è un parapetto dietro il quale appariscono le figure.
È noto che non molti anni dopo il compimento, la pittura cominciò a deperire, onde avvenne che la sua fama fu affidata sopra tutto alle copie e alle stampe. Le quali ci hanno veramente guastati gli occhi : malgrado ogni sforzo, guardiamo alla
(1) Nel museo di Autun. Cfr. F. Malaguzzi-Valeri. La Corte di Ludovico il Moro, vol. Il, Bramante e Leonardo da Vinci, Milano, 1915, pag. 414.