Lettere giuliane per la storia dell'italianità nostra

Alcune note; poiché avanza un po’ di tempo e di spazio. Comincio con dar ragione ancora una volta al giornale a.-i. Forse alludendo al I.° artìcolo dell 1 Indipendente (che tanto più mi spiace di non aver letto) il giornale a.-i. si stizziva contro lo «spirito settario». Ebbene, ho voluto rinnovargli questo piacere con uno stile forse troppo vivace o, coni’ egli dirà, giornalistico o magari monellesco, che avrà però qualche effetto : questo modo, molte volte, riddato castigat mores. Del resto tutte le cose a posto ; coi pari vostri non mette conto, certo, sofisticar sullo stile e tornir bella la forma, coi pari vostri, o scribi del b.sterr.-illi/r. Schurnaln ! Prima di metter bocca, imparate dalla maestrina a scrivere le maiuscole: e non scrivete «L iterale» per \i fonile, e, viceversa e per compenso, «ceffi» per Celti e «cattali» ecc. ! E quanto al ‘monellesco 7 vi osserveremo, che voi stessi vi gettate da per voi i sassi in colombaia con le felici polemiche e 1e.... seducenti proibizioni. Continuate cosi, e vi serviremo sempre, non dubitate. Voi farete così il mestici’ vostro, noi il nostro dovere. «Voi sonerete le vostre trombe», nelle Caserme e nello Luogotenenze ; noi soneremo le nostre campane»; nei nostri «Palazzi della Ragione* ! Mi resta a chiedere scusa se ho dovuto dire e ridire cose che tutti i nostri sanno e che solo gli avversari non sanno o non vogliono sapere. Non vogliono sapere, perchè è certo che altri (il Ben ussi, P Hortis, il Paschi, e, fra i più giovani, il De Franceschi, il Salata, lo Sticotti ed altri a Trieste) avranno privatamente e inutilmente, reso attento il giornale a.-i. degli errori di storia, geografia ecc. *) E citato nella Prefazione. V. Annata TU (1903), 614 (19, VI), 616 (22, VI), 624 (2, VII). M’ informano che questi artìcoli furono scritti, in parte, da Don P. Tommasin. *) A proposito delle questioni dei nostri nomi di luogo ini permetto di osservare, per la verità, che noi si ha decisamente torto se rinfacciamo agli Slavi che ì più dei loro nomi di luogo equivalenti ai nostri sicno stati fabbricati dai poveri maestri di campagna. 1 maestri o i parroci di campagna, in gran parte, non possono sapere ir norme fonetiche precise che si riscontrano nelle forme slave dei nostri nomi in larga distesa dell’ Italia orientale. T nostri nomi si trasformarono spontaneamente, foneticamente in bocca agli Slavi che se gli adattarono, inconsciamente, alle loro disposizioni orali, con vari processi fonetici (alcuni dei {piali sono importanti per la storia dei nostri dialetti indigeni) p. e. colla prostesi consonantica davanti alla vocale iniziale, colla conservazione della sorda in sillaba libera, colla perdita del rinismo, con ti in c, a atono in o, -OKA -in ecc. (Ancona Jakiir , Albona Labin, Cavr-Kopar, Sontu: Soca, Pauentiu Porec ecc.). Ma su ciò si presenta altrove 1' occasione di parlar più comodamente.