Un poeta dialettale friulano, imitatore del Béranger

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mente... Chi lo sa? La madre s’è accorta, e si leva a protestare.... Qui la canzonetta finisce. Le parole letto, alcova della canzonetta francese (che del resto ci presentano bene certe famiglie delle città grandi, che mangiano dormono lavorano tutto in una stanzetta a pianterreno) dicono troppo, li presente la madre, e, quel ciré peggio, quando essa si è accorta e ne dà segno. Non è più solo sconveniente, è anche innaturale. Lo Zorutti ha saputo sfrondare, mutare, innovare; e questa sola canzonetta basterebbe a dimostrare quale artista egli fosse: artista inconscio se volete, ma artista. Tutto è toccato leggermente, tutto emerge dalle parole della madre affannata, nello Zorutti: tutto ciò che la madre del Béranger ha bisogno di calcar fortemente, di descrivere, di lamentare. Ce frèd! su ino’ da brave, Su sciàrimi che puarte: Capias che tu Tàs viarie, Ma uo capiss parcè. La madre dubita, ma non può ancora credere, lei che stima tanto la figlia. Il tocco è finissimo. Pini sberli e manco al zove.... Ce vàstu pendolànd? Cussi tu stàs di band.,.. Ma qualchidun 1 ’è entrad,,,. È il principio della fine; come doveva essere nel Béranger. Cosi è evitato lo sconcio di far continuare una tal scepa per tre strofe, dopo che il giovane è entrato tra letti ed alcove. Ma qualchidun 1 ’è entràd.... No viòd, ’l’è ver, ma ’osint..,, Capiss... capiss... ’o in tini ; T ’us fàmi bacila.