Breve storia della provincia Veneta della Compagnia di Gesù

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Libro I. Dal 1814 al 1848.

comi. E lo zelo dei Padri per la salute delle anime era tanto più manifesto, quanto che si miravano portar lietamente per amore di quelle un doppio gran peso. Perchè col sopravvenire delle nuove fatiche delle scuole non lasciarono di rendersi, senza risparmiare se stessi, utili a tutta la città coi soliti ministeri. Non già che mancassero nemici alla Compagnia in Verona ; anzi con I 1 aprir, eh’ essa fece, le scuole le contraddizioni si fecero maggiori : (1) ma si godeva del favore dei buoni e delle •autorità, tanto ecclesiastiche quanto civili. L’lmperatore stesso, il Viceré e alcuni de’ più alti impiegati di Verona confessarono in parecchie occasioni d 1 andar debitori ai Gesuiti di non leggieri servigi. Il Viceré giunse a dire al P. Rettore eh’ egli offriva 1’ opera sua in qualunque cosa fosse necessaria al collegio. E che questi non fossero vani complimenti, si ebbe poi a vedere dai fatti. Anche buon numero di Vescovi ed altri gran personaggi, die passarono per Verona e videro coi propri occhi il bene operato dalla Compagnia, le diedero altissime lodi, massimamente per il suo metodo di educazione. Il terz’ anno s’ aggiunse alla grammatica 1’ umanità e la rettorica. Ma la filosofia, per supplicar che facessero illustri cittadini, sostenuti dal Vescovo e dal municipio, non si potè ottenere che il governo la concedesse nè allora nè poi. i nostri nemici avevano fatto per odio questo cattivo ufficio.

(i) Il P. Viscardini per far intendere quanto dispiacciano ai nemici della Chiesa le scuole della Compagnia, soleva dire che in que’ primi anni, quando in Verona avevamo solo il noviziato, i nostri malevoli non facevano gran chiasso, e noi non sentivamo che gli applausi e le benedizioni dei buoni ; ma quando furono aperte le scuole, allora sì i liberali si fecero sentire, e in tutti i modi che potevano cominciarono a molestarci. (-) L’ arciduca Ranieri Viceré del regno lombardo veneto ci fu sempre amico. Il suo amore per noi crebbe dopo l’accoglienza ch’ebbe in Verona l’anno 1845 nel nostro collegio. Fu cosa da far stupire la festa che i Nostri gli fecero, quantunque dopo l’avviso ricevuto della gran visita non avessero avuto altro tempo per apparecchiarvisi che la notte e le prime ore del mattino appresso. L’arciduca trovò ciò che era ben lontano dal pretendere o dall’ aspettarsi : tutto il collegio decorato e ornato d’iscrizioni, i ragazzi vestiti a festa, e (cosa mirabile) già istruiti ad accoglierlo con molteplici graziosi saluti e con poesie italiane, latine, greche e tedesche recitate a memoria.