Il Molise dalle origini ai nostri giorni

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Roma rimase avvilita, non però volle riconoscere i patti fermati, dichiarandoli irriti, non avendo i consoli la facoltà formale e la libertà di contrarli. Quindi, a capo di un anno, non soltanto non ritirò le colonie dedotte nei domini sanniti, come Ponzio aveva richiesto, ma spedi in ceppi a Ponzio i consoli sciagurati e gli altri funzionar! negoziatori della pace caudina. I feciali (o araldi) che li accompagnavano, dichiararono all’ imperatore sannita che il Senato non aveva nuli’ altro da deliberare in argomento. Ponzio, dolorosamente deluso, osservò che il Senato giudicando irrita la pace avrebbe dovuto rinviare le due legioni, non i due consoli: del resto i consoli egli rimetteva in libertà all' istante, ed essi, i feciali, dicessero pure per suo conto al Senato che Ponzio aspettava migliori cimenti. Quella volta, intanto, era stato amaramente giuocato. * * Le relazioni politiche fra il Sannio e Roma non furono più pacifiche da quel momento, pel fatto che, nello rispettive impreso belliche contro i popoli minori, il Sannìo vedeva schierati contro sè gli esei'citi consolari, e Roma le coorti sannite. L’assedio di Cluvia nell’ anno 443 (309 a. C.) fu, tra gli episodi del genere, il più grave. I Sanniti avevano presa questa città : immediatamente Roma spedi il console Bubulco a ricuperarla, Giunio Bubulco cinse Cluvia di assedio, la rase al suolo, e n estermìnò gli abitatori; e poscia, internatosi nel Sannio, volse contro Boiano (Bovianum votus) che restò preda ai legionari e forni meraviglioso bottino. Non era la prima volta che Boiano vedesse tra le sue mura gli astati, i triari e i voliti : era però la prima volta che ne esperimentava la cupidigia e la brutalità; poiché quando anni prima vi avevano soggiornato i consoli Caio Sulpizio e Marco Petilio col proposito di svernarvi (46), doverono ben presto sgombrarla per accorrere a Fregelle, nè poterono farvi ritorno. I Sanniti avevano forse posto l’assedio a Fregelle appunto per liberare la capitale federale dalla presenza del nemico. Quindici anni dopo, nel 458 (294 a. 0.), Murganzia, Romulea e Trivento subirono l’ invasione romana, con rovina dell’abitato ed opimo bottino, ad opera del proconsole Decio, il quale si decise all’ impresa sapendo che Gello Egnazio duce dei sanniti era andato in Toscana per interessare quei popoli ad un’azione contro Roma. Ormai Roma non faceva mistero delle proprie intenzioni e vedute; ed il Sannio, sempre fertile in risorse ed intento più che mai a contestarne l’espansione, adottò eccezionali provvedimenti di guerra. Aumentò all’estremo grado possibile i contingenti della coscrizione, e il giuramento delle milizie sottopose a speciali riti sacri ; nè fu questo l’ultimo sfùi.’o e il supremo della stirpe prodigiosa.