Il Molise dalle origini ai nostri giorni

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tato il trionfo. D Senato disposo che nessun particolare andasse trascurato, per conferire all’ apoteosi del vincitore l’imponenza adeguata all’orgoglio insuperabile dell’urbe. * * ■* I Sanniti erano dunque vinti? No. Il duello non era finito. L’amore naturale dell’ indipendenza elevatissimo nei sanniti più assai che in altri popoli della penisola costituiva una leva morale potente ed inesauribile, che suscitava sempre nuove energie in tutti gli strati sociali, ed alimentava e sorreggeva dopo qualunque disastro, por quanto profondo, 1' aspirazione violenta alla rivincita. I Romani d’altronde, nelle lor guerre coi Sanniti, ad eccezione di qualche presidio che lasciavano a custodia delle località di efficienza militare, non operavano una formale occupazione del territorio. Quante legioni sarebbero occorse ? Essi, almeno in rapporto al Sannio, vincevano, distruggevano ed abbandonavano, por poi tornare in altra occasione a fare il medesimo. Pazienti come tutti 5 popoli forniti dì qualità reali di espansione, tendevano al graduale esaurimento del nemico. Non conoscevano stanchezza per sé : era ìl nemico che doveva stancarsi di resistere. Ed ecco spiegato come i Sanniti pari all’ idra mitica risorgente dalle testo ogni volta battuti avessero modo di ri occupare e riedificare alla meglio le città distratte, di ripristinare le guaste comunicazioni, di riattivare le industrie interrotto, di far rifiorire quella vitalità sociale che i casi della guerra precedente avevano fiaccata. Due anni dopo la disfatta di Aquilonia, ecco i Pentri conferire a Caio Ponzio ìl mandato di marciare sulla Campania. Caio Ponzio scende nella fiorente provincia vigilata dal console Fabio Gurge, prende risolutamente l’offensiva, e costringe il nemico alla ritirata, con gravi perdite di uomini, di carriaggi e di sussistenze. Roma spedisce allora nel Sannio Fabio Massimo, padre del console battuto, e la vittoria arride alle legioni. Ponzio, per colmo di sventura, cade prigioniero. II trionfo di Fabio fu oltremodo fastoso, e superò per grandiosità quello recente di Papirio: senonchè venne contrassegnato da ciò che Tito Livio definisce “ grande spettacolo al popolo Romano e belFornamonto „ (51), e fu invece oltraggio al valore sfortunato, alle ragioni della civiltà ed al diritto delle genti. Caio Ponzio in persona, inquadrato nel corteo, era offerto bersaglio ai lazzi volgari della plebaglia fanatica, e poi decapitato nel circo ! La barbarie romana aveva dimenticata la generosità del duce sannita nel rinviar lìberi i consoli speditigli in espiazione della pace caudina : ricordava soltanto 1’ umiliazione delle Forche. Caio Ponzio a giudizio dello stesso Cicerone (52) non era soltanto un grande od illustre capitano di nobile prosapia , non era soltanto il duce supremo dell’ esercito