La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

cai

nitiniiziionia “De

fior Coe penealLio

LA TRADIZIONE CRITICA SULL'ARTE DI LEONARDO 155

Essa è data non come cosciente compenso di un'azione verso uno scopo, come sono le rivelazioni per i pensatori e per tutti gli altri uomini dotati di scienza, ma quale atto di grazia, immediato istantaneo immeritato, assolutamente completo, e perciò, finchè dura, immutato... Se tale è l’esperienza artistica, qualunque sia il merito figurativo della « Gioconda », d'altronde assai minore della sua fama, essa non è in effetto soddisfacente come espressione psicologica. La sua tendenza all’interrogazione, alla perplessità, persino al dubbio sull’intelligenza di noi contemplatori, non promuove il suo fascino su noi, anzi effettivamente compromette la mistica unione fra l’opera d’arte e noi stessi, unione che è l'essenza del fenomeno estetico ».

E la « Gioconda » è se non altro il ritratto di un’ignota ; non può quindi urtare contro idee preconcette provenute all'osservatore dalla storia o dal mito. Ma l’idea di S. Giovanni Battista rievoca a chiunque di noi la ben delineata figura della storia cristiana, «l’asceta in persona, la rude immagine dello ossessionato proselitismo » : onde la rappresentazione vinciana « di una grassoccia epicena creatura, col suo equivoco occhieggiare, e col suo invito a guardare, non l'apparizione di Cristo nel mondo, ma Bacco che schiamazza accanto con tutta la sua turba », non può se non apparire impudente.

I criteri del Berenson per giudicare dell'espressione psicologica della « Gioconda » e del « Battista » sono dunque di doppia natura. Al « Battista » si oppone a seconda di un criterio morale, altissimo guanto si vuole, ma che esorbita dalla critica d’arte, in quanto impone alla fantasia dell'artista un limite nato da motivi extra-artistici, e quindi arbitrari. Infatti, il Berenson, pur così severo con Leonardo, non ha condannato mai, ch'io mi sappia, il S. Giovannino della ingenua primitiva tradizione fiorentina: eppure nemmeno il fanciullo di Andrea Pisano o di Filippo Lippi non è l’asceta, non è la