La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

158 PARTE SECONDA

spontaneità ; senza di essi meno ricca sentirebbe il Berenson la propria vita spirituale. Eppure, sembra impossibile intendere il valore di quei disegni se non a traverso lo spirito unico e inscindibile dell’artista, che ha impresso la sua grazia e la sua libertà nella linea sulla carta come nel chiaroscuro e nel contrapposto sulla tela {1), anzi ha modificata la linea, quale s'intendeva nella precedente tradizione, per farie esprimere quel guizzar della luce che doveva trovare la piena attuazione negli scuri dei quadri.

Meno ancora è spiegabile la scissione compiuta dal Berenson fra le opere giovanili dell’artista e le tarde, perchè ben di rado può trovarsi in un artista lo stile unitario di Leonardo. L’ « Adorazione dei Magi» è un grande capolavoro, il più grande forse del Quattrocento fiorentino, anche secondo il Berenson; ma i migliori istinti dell'artista gli avrebbero impedito di finirla perchè, finendola, l'avrebbe guastata col chiaroscuro. È qui non si capisce più niente, perchè nell’ « Adorazione dei Magi » è proprio abbozzato quel così detto « chiaroscuro ) che rimane fondamento di tutte le pitture di Leonardo. Vi mancano soltanto i tenui continui delicati passaggi, graduatori della luce, che appaiono nelle opere finite. Ma se l’arte è attività dello spirito, perchè non ammettere che si giunga a anifestare lo spirito con le graduazioni di luce, se pur vi si giunge con elementi, anche più astratti, come la linea e la forma ?

Certo, il Berenson trova unanime consenso quando si oppone all’infatuazione romantico-scientifica per Leonardo, che lo deforma in un idolo onnisciente, senza limitario, quindi senza

(1) L'opinione della superiorità dì Leonardo disegnatore su Leonardo pittore fu emessa altre volte; accennata dallo Stendhal, fu sostenuta da E. Michel, Le dessin chez Léonard de Vinci. Nouvelles études sur l' histoire de

l'art. Paris, 1908, p. 120.

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