Bibliografia Vichiana II

CHAIX-RUY

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(.■ouie dire a una teoria restala inosservata fin quando non venne segnalata e illustrata dal Croce (v, sopra p. 754), e della quale, pertanto, si può essere sicuri che il Baudelaire non avesse la più lontana idea. E mi permetto altresi di dubitare che l’ efficacia del Vico sia proprio « nettement évidenle » nei Drames philosophiques del Renan, cioè ne L’eau de Jouvence e in Caliban ; che essa abbia «contribué, sans doute, à limiter l’optimisme de 1’ Avenir de la Science », e che codesta efficacia si sia esercitata attraverso la Bihle de l’ humanilé scritta dal Michelet apposta per mostrare eccessivamente parziale il punto di vista adottato dal Renan nella Vie de Jésus. Data l’inclinazione dello Chaix-Ruy a vedere dovunque derivazioni dal Vico, è naturale che egli ne scorga non solo nel Michelet, ma già nel Montesquieu (v. sopra pp. 283-94), e, al contrario dei Venturi (sopra, p. 879-81), faccia del Boulanger addirittura un discepolo eterodosso del Nostro. Circa il Montesquieu, la sua tesi è che «la lecture de la Science nouvelle a contribué à élargir son horizon et à lui révéler certains aspects de l’histoire, auxquels, attaché à ses buts plus limités, il n’aurait pas songé ». Il che potrà anche essere; ma non mi sembra che, a provarlo, basti trascrivere questo o quel passo della prima o anche della seconda Scienza nuova ; trascrivere altresì questo o quel passo dei Cahiers, ossia dei quaderni di appunti del Montesquieu pubblicati nel 1943; indicare qualche somiglianza per lo più generica; e poi parlare dell’ efficacia diretta dello scrittore italiano su quello francese. Credo, al contrario, che, per raggiungere la prova, sarebbe occorso dimostrare anzitutto che quei passi dei Cahiers furono scritti dopo e non prima del 1730 ; in secondo luogo che, oltre la Scienza nuova prima, sola trovata nel castello di La Bròde, il Montesquieu leggesse anche la seconda ; per ultimo che egli attingesse proprio al Vico e non, invece, alle fonti del Vico: possibilità che, per una volta almeno, è ammessa implicitamente dallo stesso Chaix-Ruy, quando soggiunge che « Montesquieu ne semble apercevoir dans Vico que l’écho de certaines pages de Machiavel qui l’ont particulièrement frappé ». Pertanto la questione resta ancora al punto in cui la aveva lasciata lo Hazard (v. sopra p. 291). Inoltre, come mai nel 1728 il Montesquieu avrebbe visto a Venezia stampata l’ Autobiografia vichiana, se la stampa scelleratissima di quell’opuscolo non giunse a compimento prima del giugno 1729? (v. sopra p. 63). Tutt’al più, il Conti potè mostrargliene nel 1728 il manoscritto, che il Vico aveva cominciato a mandare a Venezia sin dal 1725 (sopra, pp. 62-63). Migliore giuoco ha lo Chaix-Ruy nell’additare derivazioni del Boulanger dal Vico : sebbene tra ciò e il fare del primo un discepolo, sia pure eterodosso, del secondo corra l’abisso. Che il Boulanger togliesse qualche spunto dalla Scienza nuova ho già dichiarato (p. 880) che mi sembra assai probabile ; ma, specie dopo lo studio del Venturi, si può essere certi che lo scrittore francese, lungi dal navigare nella stessa scia di questa, battesse una rotta ora affatto diversa, ora addirittura opposta. Quanto poi al Michelet, lo Chaix-Ruy insiste, chiarendo e sviluppando. nel raffronto, istituito già da lui, tra la Scienza nuova e la Bihle de l’humanité, alla quale raccosta Le genie des religions del Quinci : altro scrittore nel quale gli sembra scorgere un vichiano (v. sopra p. 539).