Bibliografia Vichiana II

Comunque, si tenga presente ciò che dei rapporti ideali tra il Vico e il Michelet s* è detto sopra (pp. 883-85) nel discorrere del Fassò. Sulle CEuvres choisies curate dallo Chaix-Ruy è da vedere nella Tribune de Genève del 19 novembre 1947 un articolo di Giorgio Golay dal titolo Un grand méconnu : la destinée et le message de Jean Baptiste Vico, philosophe napolitain. Vi si dà anche I’ informazione che « M. Théophile Spoerri a placé sous ses ( del Vico) auspices une parlie de la conférence qu’il a faite aux dernières Rencontres inlernationales ». 2. Diversi. Ecco taluni ragguagli : a) Uno spiritoso dialogo contro le illusioni suscitate in Francia, durante la prima guerra mondiale, dalla concezione astratta del diritto e della giustizia, era conchiuso da Edmondo Barlhélerny nel Mercure de Trance (15 ottobre 1916, p. 696) con queste parole : « Cependant, ne sommes-nous pas, nous latins, par excellence des pays de droit ? Le droit est notre héritage historique. Ah ! oui, le droit romain ? On s’illusionne là dessus. Revoyez Vico, si mal compris par Michelet. Ce vieux lazzarone de Vico... ». b) e c) Lavorate, non direttamente sulle opere vichiane, ma di seconda mano sul vecchio articolo del Tocco, Descartes jugé par Vico (v. sopra pp. 372-73) e rivelanti l’ignoranza più assoluta della letteratura vichiana dal 1896 al 1920, sono le pagine 147-55 del volume « Les cartesiens d’ltalie: recherches sur l’influence de la philosophie de Descartes dans l'évolution de la pensée italienne au XVII et XVIII siècle. Thèse soutenue devant la Facilitò de lettres d’Aix par Louis Berthé de Besaucèle, avocat, agregé de T université, docteur ès lettres » (Paris, Auguste Picard, 1920, di pp. 377 in 8°). Comunque, se si può seguire l’autore quando, a proposito della teoria del « verurn-factum » ripete col Tocco che « il y a loin de cette théorie, toute moderne, à celle des anciens », e che « c’est que Descartes a passe par là» o quando osserva che il Vico stesso «subit l’influence de son adversaire», non lo si può seguire più quando aggiunge che il Nostro « ne comprend pas toute la portée du cartésianisme », come colui che non avrebbe saputo vedere in esso «le point de départ du courant rationaliste ou idéaliste qui constitue la philosophie moderne ». Giacché, tutt’al contrario, il Vico scòrse così bene il carattere rivoluzionario del cartesianismo da includere proprio Cartesio tra i maggiori geni inventivi, cioè appunto rivoluzionari, dell’ umanità, salvo poi a compiere egli stesso una nuova e più profonda rivoluzione, la quale, come tutte le rivoluzioni, cominciò col diroccare lo stato di cose preesistente, ossia proprio quel cartesianismo che pel Nostro era stato « le point de départ ». D’altra parte, non bisogna dimenticare ciò su cui ho sempre insistito : che, dopo essere stato persino ingiusto nei riguardi di Cartesio nell’ Autobiografia e nella lettera all’Esteban, scritte Luna e l’altra sotto l’impressione dolorosa dell’insuccesso della prima Scienza nuova , il Vico finì non solo col rendere piena giustizia al suo avversario nel De mente heroica , ma già nella seconda Scienza nuova si riaccostò non poco a lui (v. ciò che s’è detto sopra a p. 801 a proposito del Mauthner). E che, dopo avere combattuto a oltranza Cartesio nel Liber metaphysicus e

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CHAIX-RUY - BARTHÉLEMY - BERTHÉ DE BESAUCÈLE