Bibliografia Vichiana II

in un libro consacrato a questa. Ai che sono da contrapporre queste tre obiezioni : 1. La Scienza nuova non è punto una filosofia della storia nel significato usuale e deteriore dell’espressione. 2. Essa esibisce intera una filosofia dello spirito, né più né meno che le tre Critiche kantiane. 3. Spacciarsi del Nostro in un libro sulla filosofia del Settecento esclusivamente perché l’opera sua non ebbe efficacia immediata (o, più esattamente, perché per sessanta o settant’anni ne ebbe una più o meno trascurabile), equivale ad avere dimenticato che la storia della filosofia deve disinteressarsi tanto più degl’influssi di cultura, in quanto questi a’ interpongono, disturbatori, nella visione esatta del processo storico del pensiero. Conoscenza alquanto maggiore, ma tutt’altro che piena, mostra della Scienza nuova il terzo scritto del Cassirer, il quale, tornando nuovamente sulla questione discussa nel primo, insiste soprattutto sui fatto che nessuno anteriormente al Vico aveva posto e trattato con rigore scientifico il problema se la storia sia passibile d’un matematizramento analogo a quello della fisica o dell’ astronomia. Aggiunge poi che per questa parte il Nostro ha anche il merito grande non solo di porre il sapere storico disopra al sapere matematico ; non solo di trovare attuata precisamente nel sapere storico quella « sapienza umana », che Cartesio, stabilitasela quale ideale, era andato perseguendo nelle Regulae ad directionem ingenii ; ma altresì d’avere stabilito il principio che noi non possiamo conoscere per davvero se non ciò ch’è creato da noi stessi, e, conseguentemente, che scopo del nostro sapere è unicamente il mondo dello spirito, ossia l’autocoscienza umana. E conclude con l’osservare che, poiché, attraverso la Scienza nuova , la logica rompe per la prima volta il cerchio di ferro della conoscenza oggettiva (matematica e scienza della natura) per informare di sé linguaggio, poesia e storia, ben a ragione il Vico diè all’opera sua il titolo di Scienza nuova. Senonché, insieme con codesti riconoscimenti, il Cassirer formola altresì non poche riserve. Per esempio : più che quanto il filosofo c’insegna circa il processo storico e il ritmo delle sue fasi, sarebbe da ammirare l’avere egli scoperto, e poi difeso con la maggiore cambattività contro Cartesio, il metodo particolare della conoscenza storica e il suo valore metodico. O anche : anziché nella soluzione, per lo più lacunosa, dei singoli problemi, la novità della Scienza nuova starebbe esclusivamente nella guisa in cui sono posti. O infine : ciò che nel Vico appare come obumbrato da un crepuscolo semimitico sarebbe stato poi chiarificato dalla luminosa « consapevolezza filosofica » dello Herder. Che cosa dire ? Porre esattamente un problema significa già averlo risolto senza lacune. E chi ha letto quanto è scritto sopra intorno allo Herder (pp. 366-70), scorgerà da sé che, se « consapevolezza filosofica » va intesa, come si dovrebbe, per « vigore speculativo », codesta virtù mentale era tanto poderosa nel filosofo italiano quanto fiacca nel pubblicista tedesco. Vero è altresì che il Cassirer, pure parlando di « consapevolezza filosofica », può avere inteso nient’altro che la suasività didascalica ; e, sotto questo aspetto, nessuno intende negare che, a prima lettura, la Philosophie der Humanitàt apparisca un libro più suasivo della Scienza nuova. Non così, quando si vada a fondo. Giustizia ancora minore rende al Vico il Troeltsch. Basti dire che, non contento di avere censurato, come eccessivo, il raccostamento crociano

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CASSIRER • TROELTSCH