Bibliografia Vichiana II

TROELTSCH - MEINECKE - MÒSER

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della filosofia vichiana a quella hegeliana e, in genere, romantica, si compiace di presentare la Scienza nuova press’ a poco come la presenterà il Chiocchetti (v. sopra p. 836) : un miscuglio incoerente di filosofia antica (cioè di platonismo), di baconismo e soprattutto di cattolicismo. Con ciò il Troeltsch non intende punto sconoscere che il Vico s’opponesse nel modo più vigoroso e cosciente al razionalismo cartesiano e alla sua mancanza di senso storico. Tuttavia gli rimprovera sia di avere elevato a soggetto che produce la storia, non già, come avrebbe dovuto, un’identità di soggetto divino e umano, bensì puramente e semplicemente la divinità assoluta del cattolicismo ; sia d’avere omesso qualunque chiarimento circa la guisa in cui lo spirito umano collabora con la Provvidenza nel creare lo storia e l’esperienza. Non è il caso di fermarsi su codesti e altrettali giudizi, i quali, ispirati a un’ incompiuta, imprecisa e forse indiretta conoscenza della Scienza nuova , mentre non mostrano nel Troeltsch la penetrazione di un Burdach (v. sopra p. 814) o di un Vaughan (appresso, paragrafo 111), raggiungono talora la vera e propria stravaganza : p. e. quando insistono tanto su quell’ immaginario miscuglio di empirismo psicologico e cattolicismo che sarebbe il vichismo, o anche quando intravvedono in questo l’età barocca, venendo per tal modo a precorrere le fantasticherie dell’ultimo libro vichiano del Giusso (v. sopra p. 865). Giova piuttosto aggiungere qualche parola intorno al Meinecke. Che intorno al Vico egli sia informato cento volle più e meglio del Troeltsch, è fuori d’ogni discussione. Tuttavia non si direbbe che osservi le leggi della prospettiva storica quando, nel farsi a studiare i precursori settecenteschi dello storicismo, non ne compendia l’elenco nel solo nome dell’autore della Scienza nuova. E invero osserva il Croce {La storia citata, ediz. citata, pp. 59-63) e proprio nel polemizzare a codesto proposito contro il Meinecke soltanto « nel pensiero del Vico si trova nel modo più spiccato la consapevole opposizione aU’illuminismo, da lui appreso, come doveva e poteva, nella forma originaria di giusnaturalismo e cartesianismo e di storia polemica e fondata sugli ideali della società moderna europea e sulle idee chiare e distinte ». Soltanto il Vico mira a redimere « tutte quelle parti che il razionalismo intellettualistico aborriva, lenendole irrazionali », e a innalzarle a «peculiari forme di razionalità, distinte, opposte e legate alle altre che sole si riconoscevano come tali (fantasia verso filosofia, forza verso diritto) ». Soltanto il Vico giustifica le « forme primitive e barbariche della società come gradi necessari e positivi della storia e pertanto della civiltà ». E così proseguendo in consimili esemplificazioni. Conseguentemente « nessun altro dei precorrimenti storicistici che il Meinecke passa in rassegna può reggere al confronto di questo del Vico ; perché o sono lumi deboli e fuggevole che si combinano ecletticamente con idee diverse e opposte ; o sono espressioni di vario conservatorismo e talora di sentimentalismo politico e sociale :il che non è genuino storicismo ; ovvero consistono in avvedimenti di realistico governo e di ragion di Stato : il che neppure è storicismo genuino ». Tuttavia, tra codesti cosiddetti precursori settecenteschi dello storicismo additati dal Meinecke, non si può non notare, oltre lo Herder di cui s’ è già discorso sopra nel luogo citato, anche Giusto Mòser (172494), del quale, al contrario, s’è indebitamente omesso il ricordo. Non