Bibliografia Vichiana II

VAUGHAN - ROBERTSON - WHITTAKER - FALZON

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ginativa di quelle due creazioni magiche che sono Vlliade e l’Odissea, c con ciò, d’avere spalancato le porte della gabbia dorata nella quale la poesia era stata rinchiusa dal Boileau e dal Pope, e averle ridato « la libertà del suo cielo e della sua terra nativi ». L’altra osservazione concerne quel passo del Liber metaphysicus (IV, 2), nel quale il Nostro, nel discorrere della differenza tra il conoscere indefinito della metafisica e quello finito della fìsica, afferma indefinito il carattere del dolore, dei quale scrive ( Opp ., I, 159) : « Dolco enim, neque doloris formam agno sco ullam: nullos aegritudinis animi cognosco fines: cognitio indefinita et, quia indefinita, homine digna est; vivida doloris idea est et illustris, ut nihil magis ». Codeste parole — chiede il Vaughan del Vico ovvero di quella del Carlyle o dei romantici tedeschi, ai quali il Carlyle s’ispirò tanto ? Se non sapessimo il contrario, giudicheremmo probabilmente in questo secondo modo. Cosa curiosa: c’è una poesia del Wordsworth, nella quale s’incontrano proprio i medesimi esempi, e proprio per illustrare la medesima verità : la poesia in cui si parla del dolore che « partecipa alla natura dell’ infinità » ( shares thè nature of infinity). Del Robertson, professore di lingua e letteratura tedesche nell’ Università di Londra, sono da vedere gli Studies in thè genesis of romantic theory in thè eighteenth cenlury (Cambridge, University Press, 1923) : libro nel quale si discorre del Nostro non solo nel capitolo Vili (pp. 179-94), che reca quale titolo il suo nome, ma più o meno anche negli altri (cfr. indice dei nomi, sub « Vico »). II che vuole dire che lo si trova mentovato a proposito altresì delle polemiche franco-italiane suscitate dai libri del Bouhours (cfr. sopra p. 867), così come a proposito del Gravina, del Muratori, di Antonio Conti, di Pier lacopo Martelli, di Scipione Maffei e dei suoi amici, di Pietro Calepi (sopra, pp. 21011), dei debiti contratti dalla cultura francese verso quella italiana, dell’efficacia italiana in Ispagna e di Ignazio de Luzàn (sopra, p. 236), degl’inizi della nuova estetica in Inghilterra e dell’Addison (sopra, p. 823), dell’efficacia italiana sulle teorie estetiche formulate in Germania. 11 Whittaker, infine, s’ occupò della Vico's « New Science of humanity », in tre fascicoli di Mind (XXXV, 1926, pp. 59-71, 204-21 e 318-36), salvo poi a riunire questi tre saggi nel volume Reason and other essays (Cambridge, University Press, 1934). Cfr. Croce, Conversazioni critiche , IV, 29-30, il quale, a proposito della riluttanza che si ha ancora fuori d’ltalia, e messa in evidenza dal Vaughan, a riconoscere nella Scienza nuova una copiosa fonte del moderno pensiero europeo, scrive che si tratta di un « caso tipico di persistenza negli schemi una volta adottati, negli autori dichiarati una volta classici, cioè scolastici, e, insomma, di misoneismo ». 2. P. L. Falzon. to Croce' s « Bihliography » of Vico , inserito nella rivista maltese Melita , anno I (1921), pp. 488-95 e 526-33, Paolo L. Falzon indica, da un lato, taluni accenni al Vico che s'incontrano negli scritti del Coleridge e del Grote e, d’altro canto* qualche coincidenza con idee vichiane che presentano così lo Shelley come