Bibliografia Vichiana II

delle nazioni » (v. sopra p. 826). Comunque, si tenga presente ciò che, imperando ancora il fascismo, scriveva il Croce stesso, e precisamente a proposito delle censure del Jessop, nel citato libro su La storia , ediz. cit., p. 59. 5. W. B. Yeats. Non troppo dissimile da quella della Lion (v. sopra p. 930) è l’interpretazione del pensiero vichiano esibita dal letterato e poeta irlandese William Butler Yeats (1865-1941 ?). A porlo in contatto (probabilmente soltanto indiretto) con quel pensiero valse dapprima l’avere egli ascoltato in Londra le conferenze di Douglas Ainslie il traduttore inglese di non poche opere del Croce sull’estetica crociana; poi (1924) l’avere letto e postillato La filosofia di Giambattista Vico dello stesso Croce nella versione del Collingwood (v. sopra p. 754). Senonché anche allo Yeats, come alla Lion, capitò di recarsi nel 1925 in Italia, di frequentarvi ambienti fascistici e d’infatuarsi per il fascismo (s’intende bene, per quello attuato o da attuare in casa d’altri, non a casa propria). Pertanto anche a lui parve vedere nel Vico un preannunziatore o vaticinatore del Mussolini : al quale proposito può riuscire istruttivo riassumere talune delle osservazioni di cui è contesto il saggio prepósto da esso Yeats nel 1930 al suo dramma sullo Swift, intitolato The words upon thè windoivpane o Parole sull’invetriata che si voglia dire. L’autore comincia col porre in rilievo analogie e dissimiglianze tra ciò che delle norme costanti del corso delle nazioni si assevera rispettivamente nella Scienza nuova e nel Discourse of thè contests and dissentions belween thè nobles and thè commons in Athens and Rome dello Swift : un Discorso sia detto tra parentesi nel quale lo Yeats riesce a scorgere tanto previchismo da annotare in un suo taccuino che, se fossero un popolo pensante, gl’irlandesi dovrebbero tenere codesto scritto swìftiano nella stessa considerazione in cui gl’italiani il capolavoro del Nostro. Passa poi, nell’anzidetto saggio, a esporre la dottrina dei cicli storici teorizzata dal Vico, ma partendo da un’ interpretazione del tutto errata della massima vichiana che «le nazioni allora sono salve, fioriscono e son felici, quando il corpo vi serva e la mente vi comandi » ( Opp ., IV, capov. 1411). Chi ponga codesta massima in relazione con l’intero passo da cui è estratta e con altri innumeri luoghi della seconda Scienza nuova, tocca con mano che, quale regime perfetto, il Nostro vagheggiava quello in cui ai molti, ossia alle plebi o, come si dice oggi, alle masse, competesse soltanto l’eseguire, e l’ufficio di dirigenti fosse peculiare non a una particolare casta sociale, ma esclusivamente a quei pochi, quale che fosse la loro casta, « i qual in ciascuna loro azione o professione sono tutti occupali con tutte le potenze e con tutta la propietà : il cavaliere nell’arti cavalleresche, il letterato nello studio delle scienze, il politico nelle pratiche della corte, ciascun artigiano nell’ arte sua » ( Opp ., IV, capov. 1410). Naturalmente, come vedono tutti, si tratta di nient’altro che della concezione, prettamente liberale, della prevalenza della qualità sul numero. Invece, secondo lo Yeats, il Nostro avrebbe scritto che l’ordine sociale, destinato ad allentarsi e poi infrangersi fin quando

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JESSOP - YEATS