Bibliografia Vichiana II

e il Pagano (molto più di rado il De Attellis, il Cuoco e il Micali). E basterebbe quasi soltanto ciò a mostrare che anche al De Rubertis, educato alle idee del secolo decimottavo, capitasse più d’una volta di contaminare lo storicismo vichiano con le varie forme assunte daH’intellettualismo e materialismo settecenteschi. A ogni modo, la sua esposizione, fondata in gran parte sulla seconda Scienza nuova , ma non senza che di quando in quando si tenga conto delle altre opere, è condotta con una ragionevole libertà, cioè senza una pedissequa adesione all’ordine serbato dal Nostro nell’opera sua, e, al tempo medesimo, con molta diligenza. Dei quattro libri di cui consta, il primo (nove capitoli) è come una parte generale ; il secondo (tredici) studia le « manifestazioni della forza ne’ primi stabilimenti umani » ; il terzo (undici) è consacrato ai « regni eroici » ; il quarto (sette) ha valore di appendice sulla vexata quaestio della genesi delle XII Tavole. Per qualche notizia biografica del De Rubertis, G. Piedimonle, Notizie civili e religiose di Lucito (Campobasso, 1899), pp. 115-16. Tra i suoi opuscoli a stampa v. un Discorso alla R. Società economica della provincia di Molise (Campobasso, 1831), e un Elogio di Alfonso Filippone (ibid ., 1856). La sua ricca biblioteca, esistente ancora sino a questi ultimi tempi in Lucito, è stata acquistata nel 1939 dalla casa Hoepli di Milano. 6. 0. Golecchi. Una breve monografia intorno al Vico, pubblicata già nel Progresso, costituisce il capitolo nono (pp. 225304) del secondo volume dell’opera « Sopra alcune questioni le più importanti della filosofia, osservazioni critiche », pubblicata nel 1843 in Napoli, all’insegna di Aldo Manuzio, dal sacerdote e insegnante privato (nonché tenace oppositore del Galluppi e maestro di Bertrando Spaventa) Ottavio Golecchi da Pescocostanzo (1773-1847). Pure senza sospettare neppure da lontano la filosofia dello spirito ch’è nella Scienza nuova , e pure contentandosi di trovarvi la platonica filosofia delle divine idee, che il Nostro avrebbe tratta fuori « dalla tomba della setta italica, tenendo dietro alle origini dell’antica lingua del Lazio », il Golecchi scorge nell’opera capitale del Nostro una probabile efficacia dell’idealismo bruniano, specie nelle pagine ov’è affermata opera esclusiva della provvidenza il trapasso dell’uomo dall’ erramento ferino alla vita civile. E, pure non nascondendo i difetti derivati alla costruzione vichiana da una troppo incompiuta informazione erudita, il Golecchi scorge assai bene l’inferiorità dello Herder, la cui analisi soddisfa, più che altro, l’immaginazione, di fronte al Nostro, la cui sintesi, nella sua geniale originalità, « sembra talmente fatta per l’intelligenza che il lettore, in onta del suo linguaggio enigmatico e della stranezza delle analogie, viene attirato potentemente dalla magica forza del suo pensiero ». Cfr. Gentile, Discorso premesso agli Scritti filosofici dello Spaventa, pp. xxivxxviii e cxlii ; Lo stesso, Dal Genovesi al Galluppi , pp. 293-374

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DE RUBEBTIS - COLECCHI