Bibliografia Vichiana II

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MAMIANI

lavoro vichiano (11, 781, 784-86, 810-11 863-64, 877-78). Ma non si direbbe che questo esercitasse sul Mamiani efficacia eccessivamente benefica. Senza dubbio, egli ripete, e presentandole quasi sue scoperte individuali, una giusta critica e una giusta osservazione, che, ripetute dal 1830 innumeri volte, erano divenute nel 1865 luoghi comuni. La critica è che l’umanità procede non già circolarmente per progressi, e regressi, come vorrebbe la teoria vichiana dei ricorsi, bensì rettilineamente per progresso indefinito (v. sopra pp. 585 e 588). E l’osservazione è che « la scienza della storia, parlandosi con rigore, cominciò quel giorno che dal Vico si dichiarò essere il mondo delle nazioni fatto per intero dagli uomini e la notizia delle leggi dello spirito umano porgere sola la bussola atta a condurre l’ingegno speculativo nel mar tempestoso delle vicende dei popoli» (Confessioni, lì, 863 64). Senonché, nello sbrodolare in molte pagine quella giusta critica, il Mamiani muove al Nostro addebiti tutt’altro che fondati, come, per esempio, quando gli rimprovera « due abbagli gravissimi » nel « fare il supposto che un popolo venuto all’estremo della debolezza e all’impotenza del riaversi diventi per ciò medesimo conquista e possesso di gente più vigorosa » ( Confessioni , 11, 810-11). E, ch’è assai peggio, la teoria vichiana che del mondo delle nazioni « se ne possono, perché se ne debbono, ritruovare i principi dentro le modificazioni della medesima mente umana » ( Opp ., IV, capov. 381), è contaminata dal Mamiani con due teorie delle quali Luna è prettamente antivichiana, l’altra ha nella Scienza nuova rilievo assai scarso. Intendiamo parlare della teoria zoologica della razza e dell’ altra naturalistica del clima. Che anzi codesta contaminazione induce il Mamiani a muovere al Vico l’altra critica, più che ingiustificata, di non avere badato alle « svarianze » che determinano nel corso delle singole nazioni «le influenze del clima e del suolo e gl’istinti peculiari della stirpe nativa e il giuoco temerario della fortuna » (11, 784-86): giuoco che viene a giustapporsi qui, come quarto, a quelli che sarebbero i due principi fondamentali del corso delle nazioni. E, come se ciò non bastasse, il Mamiani giunge a scrivere (li, 877) che l’avere voluto « meditare una sola forma di origine delle congregazioni sociali umane », cioè l’avere voluto, da buon filosofo, sistemare unitariamente la realtà, « fu per avventura la cagion principale di tutti gli errori del Vico ed isterilì la più parte de’ suoi profondi trovati in filosofia ». Vedere anzitutto, tra le recensioni del Rinnovamento , le tre dovute a Luigi Blanch, Giuseppe Ferrari e Michele Parma, pubblicate rispettivamente nel Progresso di Napoli, nella Biblioteca italiana di Milano e nel Ricoglitore italiano e straniero parimente di Milano, e riunite in appendice alla citata terza edizione del Rinnovamento. Cfr. inoltre Poli, supplementi al Tennemann, IV, 763-67, specie 765; B. Spaventa, L’accademia di filosofia italica e Terenzio Mamiani (1855) e Critica dell’infinità dell’attributo per Terenzio Mamiani (1856), ristampati nei Saggi di critica filosofica, politica e religiosa (Napoli, Ghio, 1867) e in Rinascimento, Riforma e Controriforma e altri saggi critici (Venezia, La Nuova Italia, 1928 : cfr. ivi sul Vico pp. 351-52) ; Lo stesso, Prolusione del 1860 citata più oltre, pp. 150-51 ; Cantoni, G. B. Vico, pp. 375-76 e 397-99 ; Siciliani, opera appresso citata, pp. 96-99 ; Labanca, G. B. Vico giudicato in Germania, p. 17 ; Gentile, La filosofia in Italia dopo il 1850 , ne La Critica ,