Bibliografia Vichiana II

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ROSMINI - GIOBERTI

cuius mens sit, sed vel sui ipsius a Deo cognitionem induere, ita ut nec se quoque agnoscat nisi in Deo se cognoscat ». - Un’altra osservazione del medesimo Liber ( Opp ., I, 151) e cioè che le essenze delle cose furono dal « latinorum vulgus » chiamate « dii immortales »—è, secondo il Rosmini, conferma della sua opinione che, originariamente, le idee fossero concepite come altrettante divinità. La ragione dell’oscurità di qualche parte del Liher metaphysicus è da riporre nella confusione fatta dal Vico tra le essenze ele sostanze. Nel considerare le cognizioni umane come « monogrammi » il Romagnosi fa suo un pensiero del Liber metaphysicus {Opp., I, 182) : pensiero, questo del Vico, in cui è « un gran fondo di vero », sebbene « mollo meglio e più distintamente » Piotino e altri neoplatonici caratterizzassero la parte formale del sapere. In un’altra tesi del medesimo Liber {Opp., I, 131) —quella che la mente umana può bensì « cogitare », ossia « pensare » e « andar raccogliendo », ma non « intelligere > le cose, in quanto essa, anziché perfetta posseditrice, è soltanto « particeps » della « ratio » l’autore avrebbe « manifestamente seguito gli scolastici, ne’ quali s’incontrano non poche contraddizioni, a malgrado della loro grande sottigliezza ». Assai più diffuso e combattivo diventa il Rosmini, così nel testo come in lunghe note a piè di pagina, quando sì fa a oppugnare l’interpretazione sensistica data dal Mamiani alla metafisica del De antiquissima. E certamente egli coglie il vero nel sostenere che il Vico fu proprio il contrario del sensista, e che il Mamiani andava del tutto fuori carreggiata quando s’illudeva che la sua teoria dei punti metafisici fosse conforme a quella vichiana. Ma va poi egli stesso fuori carreggiata allorché soggiunge che, nel formolare la dottrina del « verum - factum », il Nostro volesse non già asserire, secondo l’interpretazione vulgata e ormai pacifica, che l’uomo può avere conoscenza perfetta soltanto delle cose che fa o crea (nel Liber metaphysicus soltanto dell’ astratto mondo matematico o dei numeri, nella Scienza nuova anche e soprattutto del concreto mondo civile o delle nazioni), ma, tutt’ all’ opposto, negare una teoria siffatta, perché non consentanea alla teologia cristiana. Certamente, nessuno intende asserire che 1’ autore del Liber metaphysicus volesse di proposito violare i dogmi ; ma che, di fatto, egli vi si ponesse molte volte contro, è cosa che, come sin dai suoi tempi osservava il Cantoni, difficilmente potrà essere revocata in dubbio. Rosmini, Opere, edizione di Napoli, Rateili, 1849 e anni seguenti, I, 170 n, 245-46; 11, 110 n; V, 185 n, 208 n, 255-57, 262, 304 n, 353, 366; XIII, 63-64. Cfr., fra i tanti, Cantoni, G. tì. Vico, pp. 376-79; Gentile, Rosmini e Gioberti (Pisa, Nistri, 1898), passim. 3. V. Gioberti. speare, Bacone, Bossuet, Vico e Leibnizio sono i miei più cari autori dopo la Bibbia... In essi trovo di tutto, e più li rileggo e più mi paiono nuovi : mi corredano la memoria, m’illuminano lo spirito, mi educano il cuore, e sono per me fonti perenni di dottrina e d’ispirazione ». , Così scriveva intorno al 1822, cioè a poco più di vent’anni,