Bibliografia Vichiana II

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GIOBERTI

protestato contro Taso e abuso che si faceva del suo nome ; abuso culminato in un grottesco raccostamento di lui a Napoleone, ch’è come dire a un uomo per cui il filosofo napoletano, se vissuto un secolo dopo, avrebbe nutrito la stessa innata e perciò invincibile avversione che, ai suoi tempi, aveva manifestata contro Alessandro Magno e Giulio Cesare ( Opp ., IV, capov. 248, e cfr. sopra pp. 567 e 568). Nondimeno, si commetterebbe grave ingiustizia se non s’insistesse sul fatto (v. già p. 5) che, non ostante tutto ciò, al Gioberti spetta un posto eminente nella storia della fortuna del Vico. E, invero, nessun altro scrittore dell’Ottocento fu così allobrogamente tenace nel cogliere tutte le occasioni per ricordare il nome dell’autore della Scienza nuova , ponendolo assai sovente, per grandezza, accanto a quello di Dante ; nessuno fece battere così forte l’accento sull’originalità, genialità e profondità del capolavoro vichiano ; nessuno rivolse parole egualmente severe a quegl’italiani, i quali, pure avendo a casa propria tanto tesoro, preferivano nutrirsi degli scritti di talora molto inferiori filosofi forestieri. E, poiché le opere giobertiane ebbero diffusione immensa dall’uno all’altro capo della penisola, accadde che codeste continue rievocazioni, esortazioni e increpazioni raggiungessero in Italia il medesimo effetto che in Francia il Disco urs e gli altri scritti del Michelet (v. sopra p. 529). D’altra parte, quali che fossero i suoi errori, il Gioberti era sempre Vincenzo Gioberti. Naturale, dunque, che, nel suo tanto discorrere del Vico, egli si effondesse in osservazioni perticolari assai giuste e talora non meno acute che nuove. Ragioni di spazio vietano di darne qui un saggio, e soltanto di volo si può osservare che nel Gioberti ritorna, sviluppato, un pensiero che abbiamo incontrato già (pp. 451-42) nel Leopardi : cioè che « i pensatori più insigni ebbero una fantasia ricca e potente quanto forse i più grandi poeti ; e certo si può dire che Platone e sant’Agostino, il Leibniz e il Vico non furono inferiori a Dante e ad Omero anche dal lato dell’immaginazione ». Né poi si può tacere che il Gioberti se va fuori carreggiata quando asserisce che il Nostro, perfetta incarnazione del confusionismo geniale, era, invece, al pari del Kant, « una testa eminentemente ordinata e chiara », coglie eccellentemente il vero nel soggiungere che nell’autore della Scienza nuova e in quello delle tre Critiche <- l’originalità de’ pensamenti nocque forse alla chiarezza e al buon ordine », dal momento che bisogna pure che « le idee abbiano una certa antichità nello spirito acciocché questo le possa chiaramente emettere e ordinatamente disporre ». Taluni tra i più notevoli passi del Gioberti sul Vico sono nel volume « Pensieri e giudizi di Vincenzo Gioberti sulla Letteratura italiana e straniera, raccolti da tutte le sue opere da Filippo Ugolini », quarta edidizione (Firenze, Barbèra, 1867), pp. 43, 83, 86, 91, 92, 106, 143, 146, 197, 272, 282, 290, 341, 426, 458. Ma non sono tutti. Tra gli altri molti v. Rinnovamento , ediz. Nicolini (Bari, Laterza 1911*12) I, 222 ; 111, 86 ; e, in modo più particolare, Meditazioni filosofiche inedite, edizione Edmondo Solmi (Firenze, Barbèra, 1909), pp. 27-40, 70 71, 77, 89, 99, 111, 164, 184-92, 250-51, 259, 262, 264. Frequenti altresì gli accenni al Vico nel Carteggio. Poco o nulla si trae dalla discorsa che sui rapporti ideali tra il Vico e il Gioberti Cesare Marini inserì nell’opera citata, pp. 89-91 : più utile Siciliani, opera appresso citata, pp. 99-102. Dello Spaventa