Bitef

Rassegna stampa

"L'episodio belga si pone come uno dei più assoluti compatti e sorprendenti della serie, dotato di una forza interiore potentissima, soprattutto capace di una particolare concretezza e precisione di segno. Ma attenzione, l'ermetismo castellucciano non.ha fini emotivi, non chiede condivisìoni interiori. Siamo all'interno di una scrittura fortemente concettuale, di un sistema geroglifico che parla per allusioni visive, per citazioni mascherate, per simbolismi talvolta inestricabili. E comunque il tracciato comunicativo resta assolutamente intellettivo. Per questo le immagini sono nitide spesso ferme, dai contorni precisi [...]. La scrittura di Castellucci si compone per azioni successive, si dispone quindi teatralmente, già nelle sue intenzioni primarie, ed è proprio lo spazio teatrale a fornire realtà fisica a quella concatenazione di segni, dove l'apparizione tanto più linguisticamente fuorviarne tanto più viene individuata come insostituibile e necessaria. La Societas sa bene tutto quello che quei segni vogliono significare, ma li lascia lì nella sua ombra semantica, consegnati a noi affinché prendano posto in una nostra sequenza logica interiore, comunque valida. Allora una volta chiuso il corpo lacerato in un sacco di plastica, con un microfono vicino che raccoglie un'ultima preghiera, ecco un nucleo di figure in nero provenire da un imprecisato tempo storico, come se quella morte imminente evocasse un collasso temporale. Ma certo nella costante terribilità delle evocazioni sceniche, sottolineata da cupi rimbombi sonori, si avverte l'idea di un margine incerto, di un confine di spazio, di tempo, di volontà, di azione. Proprio per questo il linguaggio non può essere univoco. All'inizio dello spettacolo un bambino di un anno al centro di quel cubo bianco, tenta movimenti, misura il suo equilibrio, osserva attonito, forse cerca un suono per lui nuovo col quale segnare il suo essere in quello spazio ambiguo se non incomprensibile". Antonio Audino, Gli ermetici geroglifici di Castellucci, Il Sole 24 ore "Nel quarto episodio [...] si può leggere una metafora sulla violenza gratuita che ci avvolge, basato com'è sul pestaggio di durezza insostenibile cui un uomo viene sottoposto da due poliziotti, dalle feroci infinite manganellate al bagno di sangue del corpo-cosa buttato nell'immondizia, mentre i suoi visceri insaccati sono portati in processione. Ma il protagonista è un vecchio che entra seminudo in tenuta gay, si riveste di una serie di divise, anche ebraiche, per restare in tenuta da sbirro e assistere alla citata scena crudele che è forse un ricordo e finire inghiottito nel suo letto. Il tutto davanti alle tavole della legge, in un bianco abbagliante, dove passano figure femminili e all'inizio c'è un bambino di un anno tutto solo [...]. Tra segni misteriosi, in una nostalgia delle arti figurative che prelude forse a uno sbocco nel cinema, la forza visiva di questa realtà sognata è travolgente". Franco Quadri, Così la Societas racconta la violenza gratuita, la Repubblica, La Societas Raffaello Sanzio nasce a Cesena nel 1981 per iniziativa di Romeo Castellucci (regista), Claudia Castellucci (melode), Chiara Guidi (attrice) e Paolo Guidi (attore). Si tratta dell'incontro fa giovanissime personalità artistiche che intraprendono una aperta ricerca nell'ambito del linguaggio teatrale. Molte le opere create negli anni e tutte significative nel ripensare e rimettere in gioco il linguaggio, il significato, il modo di fare, vivere e recepire il teatro. Il debutto della compagnia avviene nel 1981 con Diade incontro a Monade. Nel 1983 ha inizio la serie delle oratorie (lettura di riflessioni teoriche che sviluppano alcuni degli argomenti messi in evidenza dalle rappresentazioni della compagnia) che comprende i capitoli dall'Orafor/a n.l : Rimpatriata artistica all'Oratoria n. 5: Sono consapevole dell'odio che nutrì per me, su testi di Claudia Castellucci - quest'ultima è inoltre parte de II gran reame dell'adolescenza (1988), manifestazione dal carattere mitico per il tempo, il luogo e le modalità di svolgimento. Nel frattempo la sperimentazione lungo la linea del linguaggio porta il gruppo nel 1984 a creare una nuova lingua,"Generalissima", assunta in KaputtNekropolis, presentato alla Biennale di Venezia allora diretta da Franco Quadri. Sarà tuttavia con Santa Sofia, teatro khmer (1985) che avviene la dichiarazione di guerra alle immagini condotta dall'interno: una spinta iconoclasta verso la vera immagine. Questa iconoclastia viene riproposta sul piano del linguaggio ne I Miserabili (1986), in cui l'Araldo, figura centrale della rappresentazione, resta immobile e muto per tutta la durata dello spettacolo. Nel 1987 con Alla bellezza tanto antica, si entra nella fiaba con il suo carattere mitico ed anti-storico ed emerge il carattere positivo, in senso politico ed esistenziale, del teatro. Da questo momento in poi l'animale affiancherà l'attore: ha il compito di scalzare tutto il divenire scenico per essere tale e quale è, l'animale è pura voce, non ha un linguaggio, ma una lingua. L'anno successivo ha inoltre inizio l'attività della Scuola Teatrica della Discesa, diretta da Claudia Castellucci, dove la scuola, senza metodo e senza limiti di accesso, ha il compito di aiutare l'attore a riconquistare il proprio corpo, mentre il termine "discesa" allude all'esperienza che questi compie per scoprire come vergognosamente si nasconda dietro il linguaggio. Lo stesso anno la compagnia fonda la Casa del Bello Estremo, luogo di lavoro e sede della Societas.