Bitef

mPalermu

Palermo. Se avesse un corpo lo userebbe per schivare. Che cosa? Tutto. Per non essere colpita, identificata. Il paradosso di un luogo che ha profumi, sapori, colori inconfondibili, ma sfugge a qualsiasi definizione. Ha voci lontane che provengono da strade dentro vicoli neri, canti, rumori, storie gridate da facce perdute, vacanti, facce sorprendenti di chi sorprendere non vorrebbe mai, ma il suo emblema, lo stemma sullo scudo è il silenzio. Di questo silenzio parliamo, di questa immobilità, da una distanza ravvicinata, familiare, aspettiamo che il silenzio omertoso si trasformi in una qualità, in un elemento distintivo del carattere di ognuno. Di interni e di esterni divisi da una soglia che è impossibile varcare. Di gesti che si formano perfettamente dentro la testa, ma non riescono a passare nei muscoli, nel sangue, come figli eternamente nutriti da madri sempre gravide e mai partoriti. A Palermo non si compiono azioni, si mettono in scena cerimonie, non si fanno discorsi, si opera retoricamente citando ammiccando alludendo... è la città dello spreco e del superfluo, della decorazione magnifica messa come corona allo sfacelo. Questo teatro dell'impossibile, che fa di Palermo una sorta di rappresentazione simbolica dell'anima del mondo, incessantemente indaffarata e incessantemente morente, è la nostra commedia. Cinque attori sul palcoscenico. Cinque parenti congiunti, übbidienti a questa legge loro impressa. Una famiglia. Un compito: agire. Varcare la soglia, mettere un piede dopo l'altro e andare. Fuori. Per strada. Andare. Per farsi guardare interi. Per dimenticare l'urto, la rottura di ombre irregolari appiccicate alle pareti. Imbottire la propria anima perché non voli via non appena la porta si spalanca. Inventare bugie per fottere il sentimento di insensatezza che ci coglie di fronte a ogni gesto. Sei attori che sono una famiglia e noi che li guardiamo.

Emma Dante

Questo spettacolo è dedicato a mia madre.

Emma Dante