Il Molise dalle origini ai nostri giorni
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ottenuti, quanto perchè ampie distese di terre incolte qua elà nelle varie provinolo abbisognavano di coloni. Gli Albanesi. perciò , presero stabile dimora in alcune località quasi deserte della Calabria e della Capitanata. Nel Molise conforme l’odierna circoscrizione furono introdotti da mons. de Misseriis, larinese di nascita o vescovo di Larino, il quale nel 1465 li ospitò nel feudo antico d’ Aurola, disabitato in causa del terremoto del 1456. Colà ossi edificarono, secondo lo patrie costumanze, il villaggio che poi fu detto Ururi. Da Ururi si diramarono poscia in vari luoghi tra il Biferno e il Fortore, e segnatamente a Campomarino, Portoeannone, Chieuti, S. Elena e Colle Lauro (casali in agro larinese), S. Barbato (casale in agro Casacalonda), Montecilfone, e S. Croco di Mugliano. La morte dello Scanderberg avvenuta a Lissa il 17 gennaio del 1466, avendo agevolata l’ulteriore espansione musulmana nella Scanderia, gli Albanesi per sottrarsi alle crudeltà degli Osmanli od ai massacri e saccheggi cui si abbandonavano le soldatesche , affluirono a Cattare e ad altre città tenute da Venezia ; ed i più arditi ed agiati esularono nel Reame, dove, nelle colonie già esistenti, ritrovavano congiunti, amici, vecchie conoscenze, pace certa, e prosperità maggiore. Animosi, irrequieti, turbolenti, usi ad “ inquietare i popoli, predare e “ commettere delle seelleraggini „ (463) non conseguirono la pacifica espansione e l’incremento demografico degli slavi, perchè venivano male accolti e respinti dovunque intendevano stabilirsi. E dove ebbero ospitalità per benevolenza degli abitanti o protezione dei feudatari furono confinati in zone speciali dell’agro comunale, od in particolare quartiere dell'abitato, come gli ebrei nei ghetti, e sottoposti a regime speciale. È noto infatti, che a S. Croce di Magliano, fin dal primo momento, ebbero assegnata la parte postrema del paese, detta perciò “ Quarto dei Greci „ cui si accedeva da porta distinta; mentre gii indigeni abitavano nel quartiere migliore, che fu detto “ Quarto dei Latini „ con ingrosso del tutto diverso. A Casacalenda, quando vi esularono da S. Barbato dopo la peste del 1656 , agli Albanesi venne data una zona addirittura fuori dell’ abitato denominata S. Leo (che oggi è al centro del medesimo), col patto espresso di non dover entrare nella cerchia comunale, ed obbligo di costruire uua propria chiesa o cappella, onde non togliessero pretesto a violare il patto nemmeno per adempiere gli esercizi del culto. Gli Albanesi, oltre ad essere bilingui, erano fra loro divisi in rispetto ni culto; giacché alcune colonie avevano adottato fin dall’inizio della immigrazione il rito liturgico latino, mentre altre conservavano il rito greco e venivano dette w Kudrovi „ con voce dispregiativa di cui noi ignoriamo il significato preciso. I Kudrovi aderirono al rito romano al declinare del secolo XVII, ad iniziativa e per le insistenze del vescovo di Larino, raons. Catalani. La differenza del rito era motivo di discordia e di disgregazione fra