L'Italia e la questione del calendario al principio del XX secolo

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AL PRINCIPIO DEL XX SECOLO

» En vous félicitant de mettre vos talents au sei-vice de » la cause chrétienne et scientifique de I’ adoption du calen» drier grégorien, je vous offre, Monsieur le professeur, les » assurances de ma parfaite estime et de ma considératìon. * M. CARD. RAMPOLLA. M. LE PROF. W. FORSTER. Si renderà omaggio, trattandosi di rompere colla tradizione e la pratica di lunghi secoli, alla larghezza di viste, alla prudenza e al senno pratico che rivela questa risposta. L’esperienza dell’ opposizione fatta alla riforma gregoriana non è. certamente , fatta per incoraggare qualunque iniziativa in proposito. Malgrado questo, la Santa Sede, nullamente indifferente ai vantaggi di ordine sociale che offrirebbe la limitazione della grande mobilità della Pasqua, mentre rileva il pericolo, tutt’ altro che imaginario, di aumentare, prendendo essa stessa l’iniziativa, le divisioni della Cristianità, accenna essa stessa all’ unica via da tenersi per ottenere lo scopo, senza incorrere quel pericolo. Checché avvenga ; questo documento è un’ altra bella pagina italiana nella storia del Calendario. Ed eccoci arrivati all’ importante recente dichiarazione del Patriarcato di Costantinopoli. V. La recente

u Dichiarazione n del Patriarcato di Costantinopoli (12 maggio (v. st.) 11)04). Testo e analisi Biasimo inllitto alla Russia Inattesa apologia, al punto di vista canonico, della riforma gregoriana Strani effetti di questa riforma sul pensiero ortodosso.

Il Patriarcato greco dì Costantinopoli ha teste pubblicato, riunite in un opuscolo, la sua Enciclica del 12 giugno 1902 (v. st.) indirizzata alle diverse Chiese autocefali ortodosse ; le Risposte die ne ricevette, e la sua Contro-risposta ('AvxaictivTTjatg) alle medesime. Limitandomi a ciò che concerne il Calendario, ecco quanto si legge nella Contro-risposta. « Per ciò clic concerne il Calendario in uso fra noi (il * giuliano) 1’ opinione nostra è la seguente. Degno di vene» razione e immutabile è il nostro Canone pasquale, che, già » da secoli, ha la consecrazione della costante pratica della » Chiesa, e dal quale noi veniamo edotti che la gloriosa Ri« surrezione di Nostro Signore, si deve celebrare la prima do-