Bibliografia Vichiana I

NIKBURR - BOCKH

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pia pp. 404-405). A ogni modo, per quanto concerne più propriamente il Niebuhr, egli, notate a sua volta coincidenze e divergenze col Vico per esempio, tra le prime, il ridurre a miti i racconti tradizionali sulla venuta di Enea ed Evandro in Italia, il ritenere le origini di Roma rinvenibili nell’ltalia stessa, il fare del primitivo populus romano o dei cives o quirites primitivi un aggregato politico-sociale di soli patrizi, ecc.riteneva che effettivamente lo storico danese non venisse a conoscere nome e pensiero del filosofo napoletano se non dopo avere pubblicato la prima edizione della Romische Geschichte. E, circa la ragione per cui nelle edizioni posteriori il Niebuhr continuò a serbare il silenzio sul Nostro, la riponeva esclusivamente in «un certo dispetto, meno che dagli altri vincibile da un dotto tedesco, che altri prima di lui, con aiuti ben minori, e quindi con maggiore ingegno, con maggiore originalità, avesse scoperto molte idee vere e giuste, di cui egli si credeva assolutamente primo banditore all’umanità meravigliata ». A sostegno di ciò, e del fatto, ancora più generale, che, in Germania il Nostro era (e si potrebbe quasi dire che sia tuttora) mentovato molto di rado dai filosofi, e non mai dai filologi, nelle storie che scrivono delle loro discipline, il Cantoni aggiungeva che « nella filologia il Tedesco è generalmente così orgoglioso che, nonché uguali, gli par troppo supporre che altri prima di lui abbia, benché imperfettamente, veduta alcuna delle sue nuove idee». E continuava raccontando d’avere udito a Berlino da Augusto Bòckh (1785-1867) alcune lezioni sull’ «enciclopedia della filologia», nelle quali quel celebratissimo tra i filologi esprimeva intorno a questa e alle sue relazioni con la filosofia idee affatto simili a quelle del Vico : salvo poi, in « una storia ed un’esposizione lunghissima dei diversi concetti che si avevano prima di lui intorno alla filologia », a non nominare neppure l’autore della Scienza nuova e, anzi, a dare quelle idee « come nuovissime e non mai udite prima di lui ». Quando poi asserire che la filosofia è «la scienza delle idee o cognizioni in sé », laddove la filologia è « die Wiedererkenntnis des Erkanntes », ovvero la ri-cognizione del già conosciuto, intendendo con codesto vocabolo «così le istituzioni come le idee», significa ripetere in forma molto meno piena, meno chiara e meno felice che «la filosofia contempla la ragione, onde viene la scienza del vero», 33