L'artiglieria all'assedio di Padova nel 1509

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Ecco ora, a confronto, qualche esemplare dell’artiglieria Veneta contemporanea di questo petriero. Valentissimi fra tutti i gettatori condotti dalla Repubblica furono gli Alberghetti (il vero nome gentilizio era Dandoli) oriundi di Massa Fiscaglia. Furono in servizio della repubblica per oltre tre secoli, dal 1487 al 1792. Le due colubrine, qui riprodotte (fig. 3), fuse da Sigismondo Alberghetti nel 1497, a forma di colonna scanalata, con la bocca foggiata a capitello, bizzarramente ornato di teste e di fogliami intorno al leone alato, sono lunghe io piedi (metri 3.47). Il nome dell’artefice ricorre nel sommoscapo; ranno della fusione sopra l’attacco degli orecchioni. Sulla volata dentro le scanalature si legge un distico latino, che nell’ una dice : « Perchè ti meravigli che il fulmine saetti dall’alto? noi pure, quando vogliamo, gettiam col bronzo la morte »; nell’ altra, che ha le scanalature a spira dal mezzo indietro : « Tacciano gli altri artefici; non ebbero i secoli chi eguagli il mio fonditore ». Destarono l’ammirazione dei migliori giudici. « Le artiglierie di Sigismondo - scrive il capitano Angelo Angelucci - delle quali si possono conoscere le forme e le proporzioni, sono le due bellissime colubrine della portata di 30 libbre piccole di Venezia (chilogr. 9.036) disegnate dal Gasperoni nella sua opera ora rarissima. Queste ammirabili colubrine portano il nome dell’artefice e l’anno del getto (’) ». Non rimasero oziose nell’arsenale; ma andarono nel 1509 con le altre sulle mura di Padova a salutare gli invasori ( 2 ). Nel giugno del 1500 si sottoposero ai tiri di prova nel poligono del Lido, quindici nuovi cannoni di bronzo fusi da Sigismondo Alberghetti, Alessandro de Leorapardis e Francesco da Venezia. La commissione di collaudo, nella quale entrava il celebre autore dei Diarii , era cosi composta: Benedetto Giustinian savio a terraferma. Marino Sanuto / . .. ... . . -r j . 1 savi agli ordini. Antonio Vemer '

Nel primo rinforzo, sopra un’ arma adorna di corona, espresso in cartello, sostenuto da due figure rappresentanti la Forza e la Fortuna, col motto fortes fortuna juvat, si legge che fu gettato l’anno 1580 per comando di Carlo, arciduca d’Austria. Andò tnolt’ anni peregrinando: « Preso dai Turchi alli Tedeschi, indi dai Turchi lasciato sotto Corfu datisi alla fuga, sovrapreso dal valor dell’armi Venete ». (1) Documenti inediti per la storia delle armi da fuoco Italiane, Raccolti annotati e pubblicati da Angelo Angelucci capitano di artiglieria ; Torino, 1868. pag. 278. Nasce peraltro il dubbio, guardando i disegni imperfetti di queste due colubrine, che l’Autore non abbia potuto vedere le tavole originali. (2) Il verbo salutare è adoperato molto spesso in questo senso ironico, sia dai Provveditori, sia dai Cronisti : « A ciò venendo li inimici con qual impeto si voglia siano subito salutati », « Artillarie civitatis continue salutabant inimicos extrinsecos ». « L’alloggiamento ogni mattina et fra il di è tenuto salutato di frutta acerbe ». « .... con falconetti che lì salutavano Tutte le fiate che s’ appresentavano ».