L'artiglieria all'assedio di Padova nel 1509
17
tolse a discretion e poi li fè taiar la testa a tutti... » (*). Pur sparando un centinaio di colpi a distanza tale da avere dai tiri il massimo effetto, non riesci a produrre che leggieri guasti, quasi scalfitane. Fu abbattuto qualche merlo, infranto in due punti l’arco che contorna la porta Trevisana; ma le intaccature sebbene numerose sono poco profonde; e le mura resistettero senza crollare, cosi come resistè la porta a saracinesca. Sopra il fregio che orna la culatta vedesi il nome del fonditore, Tomaso di Conti tìglio del fu Francesco; e più su lo stemma pieno. Si hanno del Conti alcune notizie biografiche. Sebbene giovine ebbe incarico di andare a Bergamo a gettare artiglierie. Colà Vincenzo Valier, provveditore in campo, gli mandò, nel maggio 1509, un cannone, una colubrina ed un sacro rotti; ed egli senza rifonderli li riparò. Quando i Francesi il 18 giugno « senza desnuar spada » occuparono la città, cadde prigioniero di guerra nelle mani del signor Antonio Maria Pailavici no, il quale lo condusse a Peschiera; mostrategli le artiglierie Venete conquistate alla Ghiaradadda, disse che eran migliori delle Francesi, e voile che si facessero tiri di paragone sparando contro bersagli galleggianti sul lago : « trano più di le soe, e feno la experientia in lago » ( 2 ). Pochi giorni dopo gli riuscì di fuggire travestito da mulattiere, e tornò a Venezia il 3 luglio. Lavorava ancora nel 1524. Fra i p&xzt columhrinati di questa tavola, se non contemporanei, di poco posteriori alFassedio, vedesi il passavo!ante da 9 col millesimo MDXXV sopra il rinforzo della bocca. Qui Marco di Conti, succeduto a Tomaso, pose sul fondo le iniziali soltanto. Spicca il leone di San Marco, e al di sotto la stemma di Andrea Guitti : d’azzurro alla croce scorciata d’argento, spaccato dello stesso, pieno; sormontato dal corno ducale. Su tutta la superficie del pezzo sono ritratti in bell’ordine barili di polvere che incendiandosi avventano fulmini ( 3 ). Dei quattro falconetti da 6, disegnati in questa stessa tavola, il più corto ha nella volata il leone di fronte con la X a indicare che venne
(i) Sanuto, Vili. 552-557. (2I Sanuto, Vili, 478. (3) A Nicolò di Conti, figlio di Marco « fondator di artiglierie del nostro Arsenal, el qual Nicolò egli anchora è perito nella detta arte come sono stati li suoi maggiori t> il Consiglio dei Dieci accordò con deliberazione del 21 ottobre 1551 una provvigione annua. (Patroni e Provv. all* Arsenal, Capitolare VI, carte io in Archivio di Stato di Venezia). Fuse nel 1574 in presenza del re Kurico 111 di Francia una colubrina ornata con gli stessi barili di polvere scoppiatiti come usava il padre. Nicolò lasciò traccia di sè anche nella storia dei1’ arte. Scrive infatti Francesco Zanotto (Il Palazzo ducale di Venezia illustrato , Voi. I, parte 11. pag. 8) che le sponde di bronzo dei due pozzi nel cortile sono opera la prima di Nicolò de’ Conti, la seconda di Alberghetti (Fabio e Emilio?) ambo magnifiche; ma quella fusa dal Conti è superiore nella bellezza delle forme umane e ferine, è superiore nel disegno, nel maneggio della stecca, nella nettezza del getto. Nell’estremo lembo della cimasa tutto intorno si legge : -F Opus conflavit nicolas de comitibus Marci filius conflator tormentorum illustrissimae reipublicae Venet arum 1556. Fortuna, Labor, Ingenium.