Lettere giuliane per la storia dell'italianità nostra

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vale, di un' ‘ltalia’ fino allo ladri eviene ad imbattersi improvvisamente nel Venetia delle Noli!ine, fino le Alpi Giulie o Venete, non solo crede sempre esistito il suo ‘vecchio’ Litorale e tramandato nei secoli, ma in tutti i modi si sforza a dimostrare errato, non corrispondente all’ ‘esattezza’ (la esattezza del suo Litorale) quel Venetia , muovo’ perchè egli lo sente la prima volta. Cosi p. e. un popolano d’lstria (di Trieste, Fola ecc.) va a Venezia, vi sente un amino e sorride, se non sogghigna addirittura. Perchè ? Solo perche gli pare ‘giusto’ il suo vecchio and ado e ‘sbagliato’ l’ amido della Capitale. E fa lo stesso, colle stesse ragioni, il popolano di Venezia; Ora il sogghigno nasce dal concetto (a volte giusto, ma molte volte falso) della propria superiorità, perciò dalla presunzione. Dunque, caro signore, chi è il presuntuoso?! Non vorrei insistere su quest’ esempio, sui sogghigni veneziano-triestini, perchè il giornale a.-i. e tutti i Mefistofeli aa.-ii. che sogghignando alla lor volta, assistei! in disparte a. questi ‘antagonismi’, potrebbe! 1 trarne dell' acqua per il loro patriotardo molino. Non potrebbero infatti questi eroi aa.-ii. aver qui l’idea esilarante, ammettiamo, di «ritrarre lo storico «ricordo del profondo antagonismo e delTacerrima rivalità fra «Trieste e la Repubblica di S. Marco!? Ne hanno tante delle «idee esilaranti questi eroi in parodia, che si potrebbe benissimo «ammettere anche questa». Son parole aa.-ii, che, cosi rientrate, tornano a capello. No, la ragione di tali antagonismi non è affatto storico-patriotica. Il glottologo osserva spesso di tali antagonismi nella stessa città, fra quelli che parlano la lingua letteraria e quelli che parlano il dialetto. I primi sentono p. e. un ‘aspro’ za o ja, un ‘deforme’ ti son, je voulons , veux pas ecc., invece del ‘dolce’ già, del ‘formoso’ in. sei ecc. e con presunzione cattedratica decidono, sogghignando, che nel dialetto «non si bada tanto all’esattezza» della grammatica o che anzi il dialetto «non ha grammatica» ecc., che il dialetto confonde i suoni o anzi le ‘lettere’ (g, z, j), le forme del nominativo con le obblique {ti), la prima colla seconda persona (.son), il singolare col plurale (je) e non «bada tanto all’esattezza» di queste ed altre ‘regole’ sintattiche dei pronomi, delle congiunzioni ecc. (Je ne r. p.). Se invece il dialetto della tal regione avesse avuto la fortuna di diventar la lingua letteraria, le parti sarebbero invertite e questi linguaioli pedanti (che, naturalmente, dicono pedanti i linguisti) direbbero: