Un poeta dialettale friulano, imitatore del Béranger
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In ambedue le poesie è una madre cieca che sorveglia la figlia che fila; e questa bada più che al pennecchio, a qualcuno che è alla porta. La madre la rimprovera, intramezzando il suo dire con un ritornello, il cui senso è raccolto intorno la parola filare. L’ultima volta che lo ripete, in tutt’e due le canzoni, la parola filare è passata dal senso reale a quello metaforico. I versi sono tutti in bocca alla mamma. Prendiamo in esame le due canzonette, e invece di fermarci sulle somiglianze che sono evidentissime, cerchiamo se le dissomiglianze si prestino a qualche osservazione estetica più fine e profittevole. Comincia la canzone del Béranger: Tout en filant votre lin Écoutez-moi bien, ma tìlle. Déjà votre coeur salitili e Au noni da jeune Colin. Craignez ce qu ’il vous conseille. Quoique aveugle, je surveille : A tout je prete oreille, Et vous soupirez tout bas. Votre Colin rdest qu J un traitre,... Mais vous ouvrez la fenétre; Lise, vous ne fìlez pas, E quella dello Zorutti ; Pile, la inè Rosine Su, filimi cheli lin, E stami ca vicin, No stàti slontaiià. Se no mi serv il voli i Ai la gran buine orele, E ben che ’o sèdi viele Sai tigni coni di te. Stèrni vicin, Rosine, File, Rosine me.