Un poeta dialettale friulano, imitatore del Béranger

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tico di amico , ( 7 ) tra noi, con la sostanza, era rimasto anche il nome. E poiché questo e quello, causa il tardare dell’ influsso romantico, erano durati rigogliosi sin dopo il 1830, nel 1835 Pietro Zorutti trovava il tema ancora di un sapore speciale, e la canzonetta del Béranger non del tutto inopportuna ad essere ridotta anche nel patrio dialetto. Tanto più che codesti protettori e codesti amici, se ebbero in certi tempi

E non sono i soli: sono però i più bollì. L’usanza di servire le damo, a quanto scrive ne’ suoi diari inediti Lucrezio Palladio (Cfr. doppi, Pag. fr. 11, 2 e B. Chiurlo, II Friuli nelle memorie dì G. Goldoni e la prima pubblicazione del commediografo, Udine, 1907, p.p. 51-53), fa introdotta ad Udine dal luogetenente Federico Cornare (1725); ma tosto un fatto tragico, cagionato dalla gelosìa del luogotenente Gussoni pel cavaliere di sua moglie, Francesco D’Arcano (1727), deve averne intiepidito i fervori tra l’aristocrazia, di cui questi era parte. Gran che non dovette essere tuttavia nè meno di poi: la nostra indole mal si vi adatta. ISTe rimangono alcune memorie in prosa; ma in verso poco o nulla: ricordiamo un vivace capitolo anonimo pubblicato sulle Pagine Friulane , dove l’ usanza ria è sferzata con forza e convinzione.... forse prese a prestito da G. B. Fagiuoli (cfr. Rime facete , Amsterdam, 1746, t. VX. cap. XIX); ricordiamo la curiosa allusione che un nobile goriziano faceva nel patrio dialetto, in una poesìa sull’ascensione col pallone apostatico, alle dame, che andranno quind'innanzi in alto cui halon del so servent (discreti leggitori non intendete malignamente) ; ricordiamo una canzone friulana del Cancianino, che ci descrive il passeggio dei nobili dameggiarti su e giù per piazza Contarena e Mercatovecchio., e avremo ricordato tutto ciò che vi è di uotevol e sull’argomento. ( 7 ) «... piaceva forse tanto più la Marchesina perchè ella era, fra tanto splendore e bellezza, la sola qiusi di sua cittì per non dire di suo paese e di suo tempo (il tempo del regno italico), che fosse vìssuta tanto tempo senza ciò che le nonne chiamavano ancora il cavalier servente e le giovani, pur conservando il verso servire, chiamavano poi IV mica » (Novelle di C. Balbo, Firenze, le Monnier, 1851, p. 243). Ma intorno al 1820, dice il Balbo, nella stessa novella La Marchesina che c’era lei sola ad averlo, l’amico servente, in «quella città», che è poi Milano o Torino. A questa data per i loro paesi, il Guadaglieli e lo Zoruttì, avrebbero sostituto il 1835.