Un poeta dialettale friulano, imitatore del Béranger

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chè se gli ufficiali francesi avevano fatto cambiare, a Genova e a Milano, 1’ antico titolo in quello più discreto e democra-

godiamo figurarci che la rivoluzione e le invasioni francesi abbiano spazzato via tutto, e, se ci è possibile figurarci il continuare in Milano dei facili costumi al tempo degli inni sacri e della bella immortai benefica. non ci è possibile pensare ai cavalieri serventi nel mondo dei carbonari. Forse dipende anche de questo: che la fase ottocentesca del ciciberismo non ebbe satireggiatori un Parini, un Gozzi, un Goldoni. Ad ogni mo lo chi non ricordi questa continuazione, non potrà comprendere come Lorenzo Pignotti potesse pubblicare nel 1807, la sua Treccia clonala e dedicarla al Melzi d’Eril; vederne, in quello stesso anno, due altre edizioni italiane e poco dopo una traduzione francese (cfr. la bibliografia pignottiana che F. Ferrari prepose alle favole e nocelle inedite di L. P., Bologna, 1888). E un altro arguto sferzatore ebbe questo prolungamento del cicisbeismo nel Guadagnoli, che in più d’un luogo lo tocca di sfuggita, sino al 1836, quando, nel Progresso (Vili), giunge finalmente alla consolante constatazione che egli è mestier fallito Il cavalier servente e il galoppino; Ora una che non vada col marito Si può quasi cercar col lumicino. Il Guadagnoli aveva cominciato a lanciare i suoi frizzi sùbito dopo il 1826 e finì intorno al 1835. Erano frecciate di sfuggita, senza una forte preoccupazione satirica: in tutto come lo Zorutti, che tuttavia alla sestina sostituiva l’epigramma : Par proyà de mujir la ledeltad Al cite Marcantoni Il cavalir servent in testimoni.... Mi fàs propri pietàd Che puare Anastasie. Sul biell fior delPetad Uè vott j’è mamjhad l’om di apoplessie; Tal domau al à fate Promission il servent c’une fantate ; E ste inaline L’è muart il «jhan di ritenziòn d’urine. Pierdi in vott dis marit, servent e Si viod che co’ scomenzin van daurman.